Gianmarco Pozzecco: Non mi sono mai drogato. Bevevo, fumavo, ma poi mi facevo il c… in palestra

Gianmarco Pozzecco a tutto campo: Ci sono due tipi di coach. Quelli che pensano di avere la ricetta per far vincere i giocatori, e quelli che invece pensano che siano sempre i giocatori a farti vincere

Gianmarco Pozzecco protagonista sul Corriere della Sera dove presenta il suo libro autobiografico «Clamoroso». Ecco alcuni passaggi dell’intervista concessa a Marco Imarisio.

«Ho fatto un sacco di cose stupide, spesso mi sono fatto male da solo. Un certo tipo di vita non mi appartiene più, ma è un passato che non rinnego. Sono stato un cretino? Io sono anche quel cretino che ero. Non è che sei sempre lo stesso, ognuno di noi contiene cose belle e brutte».

«Open non sono riuscito a finirlo. L’ho mollato a pagina 200. Agassi ripete a ogni pagina quanto gli faccia schifo il tennis. Abbiamo capito, va bene, peccato per te. Io invece ho amato e amo il basket con ogni mia molecola. Mi ha insegnato a vivere. A gestire la pressione, a stare in gruppo, a tollerare l’errore del compagno. Il basket ha definito quello che sono».

«D’accordo, ci sono state tante domeniche che ho fatto l’alba con un drink in mano. Ho preso sbronze omeriche e da ubriaco ero capace di fumare due pacchetti di Marlboro in poche ore. Ma gli altri giorni della settimana? Ero in palestra, a farmi il c… e non c’è nessuno che possa dire che non abbia sempre dato l’anima in campo».

«L’unica cosa che mi fa male è quando sento qualcuno dire che ero un cocainomane. Io non mi sono mai drogato nella mia vita. Mai. Ero pazzo? La gente veniva al palazzetto apposta per vedere me, sapeva che mi sarei inventato qualcosa».

«Ho avuto culo. Davvero. Una cosa che mi fa impazzire in Italia, è l’importanza che si dà all’allenatore, e non parlo solo di basket. Ce ne sono di due tipi: quelli che pensano di avere la ricetta per far vincere i giocatori, e quelli che invece pensano che siano sempre i giocatori a farti vincere. E se appartieni alla seconda categoria, ti prendi anche un po’ meno sul serio, che non fa mai male».