Beniamino Gavio, patron della neopromossa Bertram Derthona, parla con Il Foglio dei progetti per il futuro della squadra.
“Il basket mi ha fatto appassionare. Non mi perdo una partita in casa, seguo sempre un paio di allenamenti a settimana per vedere personalmente come vanno i ragazzi, ogni tanto poi vado in trasferta…Noi abbiamo costruito una squadra per salvarci e cominciare
a capire la categoria. Poi l’anno prossimo, se ci salveremo, proveremo ad alzare un po’ l’asticella e il sogno è di arrivare a giocare una
coppa europea quando avremo pronto il nostro palazzetto e non dovremo più andare a giocare in casa lontano da Tortona: dopo tre anni di Serie A fare le coppe sarebbe molto bello. Ma questo è il sogno. Per ora pensiamo a salvarci”.
Il progetto legato al palazzetto.
“Noi abbiamo ricevuto tanto dal territorio e mi sembra giusto provare a restituire qualcosa alla città. Un palazzetto da cinquemila e più spettatori, a cui associare un’altra struttura coperta per l’allenamento della prima squadra, con 400 posti a sedere, campi all’aperto che si alternano ad altri impianti coperti d’inverno e aperti d’estate, un altro campo polivalente, utile anche per il volley e altri sport, una
struttura ricreativa con bar e ristorante e se mi danno una cascina lì vicino una foresteria per far crescere i giovani e magari ospitare le squadre che verranno a giocare contro di noi… e poi anche un campo da calcio, una piscina da 25 metri. Un investimento da 20-22 milioni di euro. Voglio un impianto che possa vivere tutta la settimana e non soltanto con lo sport. Penso alla musica, ai concerti, agli spettacoli”.
Sul momento del basket italiano.
“Se fai tutte le cose in regola, depositi i contratti, paghi l’Irpef su tutti i contratti di giocatori, dirigenti, staff… hai solo uscite. Non incassi
nulla dai diritti tv, poco dai biglietti per il momento. Noi lavoriamo per raccogliere un pool di sponsor, ma alla fine sono le proprietà a metterci i soldi. A reggere il basket c’è la passione. È così anche a Milano con Armani o a Bologna con Zanetti”.
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