Milano, una città capace di mettere a frutto ogni cosa, anche i gelsi, che solitamente non producono uva. Questo popolare detto meneghino rimane attuale e si può parafrasare dicendo che grazie al duro lavoro e alla caparbia tutto è possibile.
Milano è una città dinamica, dritta ed inarrestabile come i suoi famosi tram che quotidianamente l’attraversano trasportando passeggeri di ogni tipo.
E narrestabile è l’aggettivo che calza a pennello del protagonista di questa puntata di LBA Under23, Francesco Gravaghi classe 2003. Originario della città di Voghera e milanese d’adozione è entrato da poco nei ruggenti anni 20, compiuti il 28 febbraio.
Nel ruolo di guardia tiratrice, Francesco è cresciuto tra le fila biancorosse dell’Olimpia Milano. Da questa stagione è in prestito al Basket Gallarate (squadra che milita in Serie B) e poi con la maglia della squadra under19 dell’EA7 Emporio Armani Milano ha disputato i due concentramenti della IBSA Next Gen Cup a Pesaro e Trento, torneo in cui il club biancorosso ha staccato il pass per la fase finale che si terrà a Napoli dal 10 al 12 aprile classificandosi al secondo posto del Girone B.
“Se potessi fare una domanda ad uno sportivo sceglierei Andrea Cinciarini! Al “Cincia” chiederei quanto tempo abbia impiegato per migliorare sé stesso per riuscire a diventare il giocatore che è oggi”.
Domanda semplice ma che arriva dritta al punto. Chissà quante storie avrebbe da raccontare il playmaker e capitano dell’UNAHOTELS Reggio Emilia, 36 anni e una lunga carriera che lo ha visto indossare le maglie di Montegranaro, Cantù, Reggio Emilia in due diverse avventure e Milano dove ha vestito la fascia da capitano. Sei anni meneghini, due scudetti, tre Coppe Italia, quattro Supercoppe fino alla cavalcata playoff di Eurolega che ha portato il club biancorosso alle Final Four di Eurolega nel 2021 accesso che mancava da 31 anni. Ultimo ma non meno importante, l’8 gennaio il record all-time con 1773 assist in Lega Basket, superando Gianmarco Pozzecco a quota 1772.
Francesco Gravaghi ha avuto la fortuna e l’occasione di studiare da vicino il capitano reggiano nel 2019, quando dopo la vittoria della medaglia di bronzo con gli azzurri dell’under16 è stato aggregato in preseason con la prima squadra dell’A|X Armani Exchange Milano.
Quell’anno a Milano era appena arrivato Ettore Messina e nel suo anno da rookie, Gravaghi si è interfacciato con un mondo completamente nuovo alzando ulteriormente l’asticella.
“Ho indossato la maglia azzurra per la prima volta con la squadra dell’under14 e ho trovato stimolante confrontarmi con la nazionale. Il mio primo torneo l’ho disputato ad Iskar in Spagna con l’under16, squadra con cui ho vinto la medaglia di bronzo. Terminata la competizione europea ho iniziato subito la preparazione con la prima squadra, un tour de force (ndr ride). All’inizio mi sono sentito un po’ spaesato, ma devo riconoscere che è stato un anno importante per la mia crescita come giocatore, ma mi sentivo fortunato, davanti avevo degli esempi di giocatori importanti come Andrea Cinciarini e Sergio “Chacho” Rodriguez. Il “Chacho” mi ha dato una grande mano perché ha cercato subito di conoscermi, facendomi parlare del mio percorso e sul campo mi dava qualche consiglio su come esprimermi. È stato davvero un leader dopo il capitano. Ho ricevuto poi subito un feedback positivo anche dallo staff tecnico che mi ha aiutato nel percorso, qui ho ritrovato l’assistente allenatore Stefano Bizzozzero con cui avevo già lavorato nelle giovanili. Anche coach Ettore Messina mi ha dato piccole indicazioni su come muoversi in campo e si, anche qualche sgridata”.
Integrarsi in un sistema di questo tipo, ha portato il giovane Gravaghi a schedulare ulteriormente i momenti prepartita e gli allenamenti individuali: “Prima di arrivare ad allenarmi con la prima squadra, non avevo una mia routine, entravo facevo stretching, un po’ di riscaldamento e nulla di più. Guardando i miei compagni ho pensato che dovessi avere anche io una routine così ho iniziato anche io. Come concordato con i fisioterapisti che mi seguono a Milano, arrivo un paio d’ore prima della partita, faccio stretching, seguo con il rinforzo e attivazione per le gambe. Continuo con una seduta di tiro per iniziare a sentire confidenza con la palla fino a ricreare il tiro per la partita. Concludo con 5/6 tiri realizzati e 10 tiri liberi. Sono anche bravo a passare il pallone, anni e anni da ball boy sotto canestro (ride ndr). Mi piace lavorare in individuale è l’unico modo per migliore. Il lavoro extra è veramente tutto. Come giocatore voglio migliorare nel fondamentale del tiro in uscita dai blocchi per diventare una guardia tiratrice. Mi sono accorto che arrivando con la prima squadra non viene richiesto di realizzare mille punti, ma difendere. Devo migliorare anche li”.
Il tempo diventa il tuo migliore amico se vuoi rafforzare i punti deboli e come nelle migliori storie auto analisi e un leggero stepback sul come, dove e quando tutto è iniziato di Francesco Gravaghi è doveroso.
“Ho iniziato piccolissimo, quando avevo tra i due/tre anni. Era estate, i miei genitori mi avevano comprato una piscinetta da utilizzare in giardino con un canestro di gomma con cui passavo le giornate. Tiravo la palla dentro al canestro tutto il tempo senza stancarmi mai, anche se mio nonno tifava la Juventus e cercava di portarmi dalla sua parte nel mondo del calcio. Mio papà invece appassionato di basket ed ex giocatore mi tirava dalla sua parte. Alla fine, ha vinto lui”.
Da così lontano viene anche l’innamoramento per il numero che porta sulla sua canotta biancorossa: “Ho scelto il numero 20 perché era il numero con cui mio padre giocava a Voghera, ho avuto anche il numero 6 perché tra le canotte disponibili era l’unico della mia taglia, la più piccola al tempo. Con il tempo il 20 mi ha portato fortuna e lo indosso ancora oggi”.
Lunedì 11 novembre 2019 a Milano si è verificato un acquazzone novembrino abbastanza importante. La città meneghina è stata vittima un leggero allagamento che ha mandato in tilt qualche linea metropolitana e le macchine creavano code infinite per arrivare al palazzetto. Insomma, il lunedì più lunedì di tutti.
Sempre la stessa sera ma in un luogo più asciutto ci troviamo nell’ultimo periodo di gioco. Coach Ettore Messina nella partita A|X Armani Exchange Milano contro Oriora Pistoia Basket (vinta dai milanesi per 83 a 63), chiama nelle rotazioni un giovane 16enne che fino al giorno prima guardava dalla panchina i suoi compagni più esperti, Francesco Gravaghi fa il suo esordio in campo con la maglia biancorossa. Pochi minuti sul parquet, ma che sono bastati alla giovane guardia per poter provare a realizzare un tiro che purtroppo tocca ferro, ma che regala un boato e un applauso d’incoraggiamento da parte dei tifosi del Mediolanum Forum.
Il capitolo amarcord di questa storia ci riporta nel presente a poche settimane fa quando i giovani biancorossi dell’Under19, guidati da coach Michele Catalani conquistano l’accesso alla fase finale della IBSA Next Gen Cup. Francesco presente tra i compagni è sceso in campo nei due concentramenti di Pesaro e Trento con la maglia biancorossa dopo il lungo stop per l’infortunio al crociato.
“L’infortunio al crociato che mi ha tenuto fuori 7/8 mesi e questo periodo di stop mi ha fatto tornare con una mentalità diversa. Il torneo della IBSA Next Gen Cup è un’importante palcoscenico e questa coppa personalmente è uno dei pochi trofei che mi manca in bacheca. Io, Lionel Abega e Marco Restelli giochiamo con la Serie B e cerchiamo di portare esperienza. Nel mio piccolo provo a portare mentalità, testa e qualche piccolo accorgimento su vari schemi e giochi. Insomma, cerco di fare un organico più simile possibile”.
In volata, sul finire di questa intervista, gli chiediamo qualche consiglio da dare al mini-Gravaghi e qualche sogno nascosto nel cassetto.
“Al giovane Francesco direi di mangiare meno (ride ndr), di impegnarsi come ha fatto e di non smettere mai di credere in se stesso senza mai perdere la testa con elementi esterni. Mi raccomando, non abbatterti davanti a qualche sgridata in più e non mollare pensando di essere stanco. Vedrai i risultati arrivano. Il mio sogno nel cassetto è quello di diventare un giocatore di Eurolega e lavoro sodo per questo”.
La strada è ancora lunga, i parquet da calcare sono tanti ed altrettante sono le battaglie in cui scendere in campo. Di questa intervista portiamo a casa tanta simpatia e la testa di un giocatore che, seppur giovane, ha conosciuto i migliori e da loro ha cercato di rubare il più possibile. Portiamo a casa anche uno spunto per una prossima intervista.
Caro Francesco, ne passeranno di tram ed anche di fermate, tu prenota quella giusta e “Lassa pur ch’el mond el disa”. Ti aspettiamo sul parquet.
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