Francesco Carotti: “La Virtus unica vittima. Roma poteva fare di più”

Il direttore operativo della Virtus Roma Francesco Carotti è intervenuto su Vicini di Banco, il programma di Radio Basket 108. "A Roma troppo spesso le istituzioni hanno fatto troppo poco per il basket. La Virtus aveva rispettato tutti i paletti per l'iscrizione. Futuro? Probabilmente senza Toti. Voci infondate su una ripartenza in serie C.

Intervenuto come ospite su Vicini di Banco, il programma di Radio Basket 108 condotto da Mario Giuliante e Michele Fiorenza, il direttore operativo della Virtus Roma Francesco Carotti, ha fatto il punto della situazione dopo l’amara conclusione della società capitolina, ritiratasi dal campionato di serie A. Ecco uno stralcio della sue dichiarazioni:

“Cosa è successo? La società si è ritirata dal campionato mettendo fine a 60 anni di storia, oserei dire gloriosa. Verso metà maggio il presidente Toti aveva manifestato l’idea di disimpegnarsi dalla pallacanestro. Purtroppo tutti i tentativi di cessione della società non sono andati a buon fine, nonostante trattative ben avviate, prima con un gruppo italiano e poi con uno americano, con quest’ultimo addirittura formalizzato da un’offerta scritta. Negli ultimi giorni invece si è vissuta una situazione surreale, con questo gruppo americano che dava e non dava risposte, ed alla fine il presidente ha deciso di staccare la spina. E’ un male per tutti, io sono di Roma e sono cresciuto con questa società, prima come giornalista poi come dirigente, e questa fine non piace a nessuno. La Virtus meritava qualcosa di più, ma non voglio trovare colpevoli o carnefici, ma c’è solo una vittima in questa storia che è la Virtus Roma”.

“Toti c’ha provato fino alla fine, ma non concordo quando dice che sarebbe stato meglio fermarsi nel 2015 nell’anno della auto retrocessione. Perché uscire? Se dopo il 2015 si fossero fatte 5 stagioni vivacchiando fra un playout e l’altro, allora potrei condividerla, ma non dobbiamo dimenticarci che la Virtus un anno e mezzo fa ha vinto brillantemente un campionato, cosa mai facile. La sua riflessione probabilmente era meramente economica, sottolineando come in quel momento non si fecero avanti sponsor adeguati per sostenere una realtà così importante”.

Ecco appunto, capitolo sponsor. Come mai non si è fatto avanti nessuno? “Non è scontato che nelle grandi città dove regna il calcio sia così facile attirare l’attenzione degli sponsor. Nonostante tutto Roma risponde; lo scorso anno la media spettatori si aggirava intorno alle 3500-4000 persone, con punte importanti contro Milano e Bologna, poi però il calcio fagocita tutto. Anche Milano prima di Armani aveva difficoltà, e se non trovi personaggi come appunto lo stesso Armani o Toti di vent’anni fa è davvero dura sostenere questo movimento”.

“C’era una sorta di accordo fra il presidente e l’amministrazione comunale per un intervento di Acea, per coprire i costi dell’impianto di gioco, ma Acea ha preferito non investire nello sport. Scelta lecita, ma a Roma troppo spesso le istituzioni hanno fatto troppo poco per il basket. A volte si è in prima linea nelle dichiarazioni, ma serve essere concreti nelle cose. Mi permetto però di fare un’amara constatazione: è mancato qualcuno che si mettesse davanti ad un gruppo di imprenditori che permettesse poi a Toti di passare la mano. Ci fosse stato Walter Veltroni sono sicuro che il basket sarebbe ancora vivo perché avrebbe identificato due-tre figure interessate a fare sport nella capitale. L’amministrazione non è tenuta a dare i soldi dell’Acea, ma può captare gli umori del territorio, soprattutto di chi ha le possibilità economiche, trovando contatti utili, e questo non credo sia stato fatto fino in fondo”.

Hunt? É un giocatore da tutte le stagioni, che da energia e fisicità. Quando lo abbiamo preso, identificato dal direttore Valerio Spinelli, i miei due amici Alberani e Giofrè mi hanno detto che avevamo un giocatore che sai sempre quello che ti può dare. Aiuterà sicuramente la Fortitudo, ma il quid lo darà Dalmonte, un allenatore bravissimo, ma soprattutto un grande uomo”.

“Col senno di poi come abbiamo fatto ad iscriverci? Al 28 di luglio Roma non era iscritta al campionato, e tutti noi ci stavamo guardando attorno per cercare un lavoro. Il giorno 29 pomeriggio sono arrivate delle rassicurazioni al presidente, con addirittura due trattative, e la speranza e l’illusione era quella che almeno una delle due andasse in porto. Sono d’accordo con Gandini. In tanti hanno accusato Federazione e Lega di non aver vigilato, ma Roma ha rispettato tutti i paletti per essere iscritta, ripianando e fornendo tutte le  garanzie necessarie. Non possiamo mandare la finanza dentro le società, ma vanno fatte riunioni di Lega per alzare questi paletti, trovando un compromesso che garantisca tutti, ma non con una fidejussione ad un milione e mezzo, altrimenti la seria A la fanno in otto squadre”.

Futuro? Girano voci infondate su una eventuale ripartenza dalla serie C. Non è così, ma se dovesse arrivare una cordata che fosse disponibile a tenere in vita la società facendola ripartire dal primo campionato disponibile, sono convinto però che l’ingegnere Toti non vorrà farne parte”.