Intervistato dal “Corriere dello Sport”, Simone Fontecchio ha raccontato delle emozioni provate alla vigilia della sfida che vale i quarti di finale contro Portorico: “Di vigilie decisive come quella di oggi, ne ho vissute tantissime, e questa non è troppo diversa dalle altre. La tensione sale, cerchi di farla scivolare via non pensando troppo, per quanto possibile, alla partita. Altrimenti non si dorme. Per fortuna ci sono i compagni di squadra. Si chiacchiera, una partita a carte, un libro. E provi ad esorcizzare il tempo che ti avvicina alla palla a due”.
Negli e occhi e nella mente c’è ancora la grande rimonta contro la Serbia da -16: “Questo gruppo ha una forza interiore pazzesca, un valore non allenabile. Poi sono arrivati i due minuti di follia di quel grandissimo campione di Gigi Datome. Il suo esempio ci ha scossi, facendo scattare dentro ognuno di noi qualcosa. Ci siamo caricati e loro, che da un po’ quando ci incrociano perdono, hanno iniziato a vedere in campo fantasmi vestiti di azzurro”.
Cosa rappresenta la canotta azzurra per Fontecchio? “Una calamita che ti attira e da cui non puoi staccarti. Non importa che sottragga tempo alla famiglia, che dopo stagioni dure si torni a faticare in estate: vestire la canottiera della Nazionale è fantastico, ti accresce come giocatore e uomo. Voi che siete fuori dallo spogliatoio non potete capire che cosa si provi lì dentro. Guardate i ragazzi che stanno giocando meno come vivono le partite. Se non ci fosse questa grande unità del gruppo non saremmo ad un passo dai quarti”.
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