Dobbiamo cambiare le regole? Anche il basket si interroga sul futuro del mondo dell’intrattenimento

Dobbiamo cambiare le regole? Anche il basket si interroga sul futuro del mondo dell’intrattenimento

Gli interessi delle giovani generazioni impongono una riflessione per mantenersi competitivi e non perdere appassionati

– Peter Moore, CEO Liverpool

– Stasera pizza?
– Ottima idea!
Dieci anni fa e oggi. Sempre la stessa domanda, sempre la stessa risposta. Ma è l’unica cosa che è rimasta uguale, tutto il resto è diverso. Dieci anni fa ci si metteva un paio di scarpe, si andava in pizzeria, si ordinava (i più smart telefonavano prima), si aspettava, si tornava a casa. Tempo impiegato circa un’ora. Oggi una cosa del genere è impensabile. Attenzione, questo non è un articolo sulle società di delivery, ma sulle implicazioni del fatto che oggi non è più concepibile buttare un’ora di tempo in qualcosa che si può ottenere senza sprecare un minuto. E se lo sento io, traguardo dei 40 superato, figuriamoci i più giovani per cui la vera risorsa scarsa, prima ancora dei soldi, è il tempo. Non c’è più tempo, ci sono tante e troppe cose da fare. Lasciate perdere la retorica su quali siano effettivamente tutte queste cose, non decidiamo noi cosa è interessante per gli altri. E viceversa. 

Secondo uno studio di qualche anno fa di McKinsey e Nielsen sul Football NFL, il tempo di visione di una partita tra i millenials è sceso del 6% dei minuti guardati e dell’8% di partite viste. L’audience è scesa, ma il numero dei ragazzi che hanno seguito la Nfl è invece aumentato, segno che si guardano parti più brevi. Sintesi: è cambiato il modo di seguire lo sport.

Qualche giorno fa, guardando una partita di Eurolega in tv, ho cronometrato in circa 15 minuti continuativi l’assenza di basket “palleggiato” fra falli fischiati, tiri liberi, timeout e instant replay. Quanto incidono questi momenti in una partita di basket? Raccogliendo una manciata di numeri, giusto per non arrivare con un foglio bianco, quest’anno per ogni partita si tirano 36 tiri liberi e si fischiano 41 falli in Eurolega, numeri fotocopiati anche in LBA. In NBA normalizzando su 40 minuti, non siamo distanti, anche se si tirano più liberi. Sono tanti, sono pochi, sono più o meno di dieci anni fa? Sono tutte domande interessanti ma inutili, perché le abitudini stanno cambiando così velocemente che nemmeno il presente, figuriamoci il passato, è indicativo per garantire di essere competitivi nel mercato dell’intrattenimento. 

Tutti gli sport si stanno facendo la stessa domanda: devo cambiare le mie regole per non perdere appassionati? Sicuramente fra chi risponde sì, ci sono i “motor sport”. La Formula 1 aveva gare noiose e senza un sorpasso? Hanno cambiato completamente le macchine e i sorpassi sono arrivati. Il sabato le qualifiche non erano abbastanza movimentate? Hanno fatto una mini gara e tolte le inutili (per i tifosi) prove libere. La MotoGp, è il caso di dirlo, segue a ruota. 

Anche la pallavolo è da sempre uno sport progressista: ha introdotto il libero, aumentando i potenziali praticanti per aumentare la base e poi ha abolito il cambio palla, fra le proteste dei puristi. Nessuno tornerebbe più indietro.

Le colombe sono rappresentate dal tennis, dove i 5 set sono stati eliminati solo nelle finali dei Master 1000, ma resistono ancora negli Slam. Abolire la seconda di servizio? Roba da scomunica. Per ora.

Nel calcio, dopo un tentativo con il golden gol, si ipotizza di passare al tempo effettivo per evitare le perdite di tempo, o di battere i falli laterali con i piedi: tutte eresie che i board dei vari sport mondiali dovranno discutere se non vorranno che il veloce mangi il lento. E se pensiamo che il tennis propone partite da 5 ore, l’NFL da 3 ore e mezza, non è difficile immaginare chi sia il lento.

E il basket? Forse per i baby boomer o per la generazione X (nati prima del 1980), abituati ad aspettare pazientemente che iniziasse il film in prima serata su Italia uno, questa frammentazione del gioco è accettabile. Ma per le nuove generazioni, sempre più abituati all’immediatezza, al contenuto corto, senza scomodare la generazione di tik tok, forse qualche riflessione sulle regole andrebbe fatta. 

Negli ultimi 20 anni, dal punto di vista regolamentare, si è dato ascolto a quelle che erano le esigenze più sentite da parte dei portatori di interessi del basket, prima fra tutte limitare gli errori arbitrali, introducendo l’instant replay. Ma all’alba del 2023 è davvero questa la paura più grande che le istituzioni mondiali del basket dovrebbero avere? Che qualche tifoso si disaffezioni per qualche fischio contrario? Attenzione, viva l’instant replay, però avendo assistito anche a 5 minuti passati al tavolo per alcune decisioni, dobbiamo ricordare a noi stessi che il regolamento non è un’entità fine a sè stessa, ma dev’essere pensato in funzione dell’obiettivo finale, ovvero produrre partite avvincenti e aumentare la quota di mercato degli appassionati.

Ma cosa possiamo fare realisticamente? La cosa più importante sarebbe almeno mettere la questione sul tavolo, piuttosto che continuare a raccontare quanto sono belli i vestiti del Re. Se dobbiamo focalizzarci su un aspetto del gioco, se proviamo a chiudere gli occhi e a concentrarci, impossibile non notare il numero dei fischi che sentiamo. E siccome dire agli arbitri di fischiare meno è ridicolo e cambiare il regolamento per farli fischiare meno snaturerebbe questo sport, forse dobbiamo lavorare a cosa succede dopo il fischio. 

Devo dirvi, a costo di venir bandito a vita da tutti i palasport italiani, che a me cade l’occhio sui tiri liberi. Fra segnalazione del fallo al tavolo, giocatori che si mettono fra le tacche, poi la miscellanea di riti, filastrocche e palleggi incrociati prima di tirare, ogni volta che si va in lunetta passa circa un minuto. Ma se invece di due tiri liberi se ne tirasse uno, che ovviamente invece di un punto valesse due? Sarebbe diverso dall’1+1 del college, che favorisce i buoni tiratori: assegnando un solo tiro libero che vale 2 punti per ogni fallo, ne avremmo una ventina in meno con un guadagno di 10 minuti. Se la soluzione non piace, apriamo un tavolo per trovarne altre più condivise. Quello che è certo è che anche il basket dovrà far fronte al fatto che le partite aumentano, ma fra le nuove generazioni ci sono sempre meno tifosi e sempre più follower e che quindi i like si possono mettere alla stessa velocità con cui si possono togliere. Il Re è già nudo. E come accade nella fiaba di Andersen, sarà un ragazzino a dircelo. 

– Hai letto quell’articolo su Sportando?
– Troppo lungo, 3 righe e ho chiuso. E poi era la solita marchetta a Just Eat

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