David Vanterpool, visto da giocatore anche in Italia nel corso di un’ottima carriera in Europa, nel 2013 è stato intervistato per la prima volta da una franchigia NBA (Philadelphia 76ers) in cerca di una nuova guida tecnica.
Negli anni Vanterpool è stato tra i principali candidati per le panchine di Denver, Orlando, Portland, Minneosta, Chicago, Cleveland e altre ancora, ed anche nella scorsa offseason ha parlato con diverse squadre.
In mezzo anche la beffa dello scorso anno, quando Minnesota decise di assumere subito Chris Finch dopo il licenziamento di Ryan Saunders, invece di dare un’occasione a Vanterpool, che era ‘associate head coach’ dei Timberwolves.
Durante un’intervista con The Undefeated, l’ex tuttofare di Siena spiega che fu Ettore Messina il primo a credere nel suo futuro da coach.
“Quando giocavo per lui vide in me delle caratteristiche che lo convinsero del mio potenziale da coach”.
Nell’ultima offseason diverse franchigie hanno cambiato allenatore, ma nessuna ha puntato su Vanterpool, ora ai Nets nello staff di Steve Nash.
Sembra sia solo questione di tempo, dato che tutti fanno il tifo per lui, dai suoi ex giocatori agli stessi colleghi.
Le parole di Karl Towns:
“Quando è stato licenziato Saunders, sono stato la prima persona a dire che avevamo un uomo di colore con il pedigree e il curriculum per essere un capo allenatore in questa lega. David Vanterpool è un allenatore che rispetto, non solo come uomo e per il suo carattere, ma per il modo in cui vede il basket. Capisce il gioco, non solo dal punto di vista dell’allenatore, ma dal punto di vista del giocatore. E presta molta attenzione alle relazioni con i suoi giocatori.
Ecco perché abbiamo visto così tanti giocatori venire in suo aiuto per sostenerlo. Sarò felicissimo quando avrà la sua opportunità. So che se lo merita. Conosco il lavoro che fa. So che lui non lo dirà, ma vuole l’opportunità non solo come allenatore, ma anche come uomo di colore. Sa che la sua può diventare una piattaforma per molti uomini e donne di colore per avere opportunità in NBA”.
Anche per il diretto interessato pare essere solo una questione di tempo: “Un giorno diventerò head coach in NBA. Sono qualificato per fare questo lavoro”.
“Ho fatto quasi tutto in questo business. Se si parla di esperienza, io ne ho da vendere. Semplicemente non c’è stata la parola ‘head coach’ tra i miei compiti. Ho allenato per troppo tempo e sono stato dentro questo gioco per troppo tempo. Voglio solo un’opportunità, anche la possibilità di fallire. Proprio come tutti gli altri. So che andrà così”.
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