BMW celebra gli scudetti di Milano con Pioli e Messina: Il pubblico ci ha spinto in contropiede

BMW celebra gli scudetti di Milano con Pioli e Messina: Il pubblico ci ha spinto in contropiede

Messina: “La cosa più importante parlando di squadre e allenatori è capire cosa significhi essere un vincente"

BMW Italia nella sua “house” di via Verri nel cuore di Milano ha celebrato gli scudetti vinti nel 2021/22 dalle due squadre di cui è partner, il Milan e l’Olimpia attraverso una sorta di dibattito pubblico tra i due allenatori, Stefano Pioli ed Ettore Messina, introdotto dal Presidente Massimiliano Di Silvestre. Ecco una sintesi di quanto espresso da Coach Messina.

“La cosa più importante parlando di squadre e allenatori è capire cosa significhi essere un vincente. In Italia si tende a creare una forte distinzione tra chi arriva primo e tutti gli altri. Noi vogliamo vincere nel senso che vogliamo essere la miglior versione di noi stessi. In genere vince chi riesce ad essere al top nel momento cruciale della stagione perché essere sempre al meglio non è possibile. E non tutto può andare bene per tutto l’anno”.

“Da noi lo stimolo viene dal passato del club. Ogni mattina passiamo per una galleria dove vediamo leggende di cui vogliamo essere all’altezza. Noi giochiamo a basket in una città dove ci sono Milan e Inter, ma ci sono mille altre attività, quindi sta a noi costruire un legame. Ma veniamo da un’esperienza gratificante con una serie di tre esauriti consecutivi e buone affluenze anche nelle serie precedenti. Abbiamo avuto un grande sostegno dal pubblico che ci ha spinto sempre non solo quando le cose andavano bene. Forse a Milano non succedeva da tempo. In panchina sentivo che il pubblico ci spingeva ad andare in contropiede, a difendere e l’ha fatto per tutta la serie finale. Questo è uno stimolo per noi, vogliamo affetto continuo come è stato in finale. La stessa campagna abbonamenti ci sta dando segnali molto incoraggianti”.

“Sentivo che Stefano Pioli al Milan ha 10 assistenti. Io mi ritengo fortunato perché ho quattro assistenti e due video analisti. Nel 1989 quando ho cominciato ne avevo uno e mezzo. Oggi un coach coordina specialisti di alto livello e poi mette assieme le loro opinioni per prendere decisioni tecniche e tattiche. Poi la comunicazione è cambiata. Io da assistente tagliavo le partite con il vhs e impiegavo tre ore. Ora invece di fare una riunione mandi tre clip via whatsapp ad un giocatore e ottieni un risultato migliore. Così non sente nemmeno la tua voce. A San Antonio, Coach Popovich era spaventato dalle troppe volte in cui vedeva i giocatori: preferiva fare una riunione in meno, un allenamento in meno, una cena di squadra in meno piuttosto che correre il rischio di farsi vedere troppo. È cambiato tutto”.

“Stefano Pioli ha usato un concetto bellissimo: conoscersi. Conoscersi vuol dire accettare quelle che sono abitudini, culture, religioni o anche solo come ti prepari ad una partita e come intendi lo sport. Qui ad esempio la figura del Coach è interpretata diversamente da come la interpreta un serbo o un americano o un africano. Qualcuno ti vuole più pressane altri meno, perché sono abituati così. Qualche volta ci riesci e altre volte no. Rispetto alla percezione pubblica, un allenatore è conscio che nel concetto di gruppo non è vero che tutti devono fare le stesse cose. Se vedi uno con la cuffia non è che non fa gruppo ma magari ascolta solo musica diversa. Non tutti possono vedere lo stesso film e chi non lo guarda non è un asociale”.

“Nel basket chi esce può rientrare e questo aiuta perché non viviamo mai il cambio come una bocciatura. Noi ogni gara di campionato lasciamo fuori 3 o 4 stranieri che sono tanti e nei playoff abbiamo lasciato fuori sempre gli stessi per dare stabilità. A loro ho sempre spiegato per quale motivo prendevo una decisione. E per loro era importante essere visti in un tipo di impegno quotidiano che definirei doloroso perché ti alleni, ti alleni e poi non giochi. Stare vicino a questi giocatori li aiuta ed è anche una forma di rispetto umano”.

“Negli anni ho imparato a usare la tecnologia e ho collaboratori molto bravi a farlo. Ma quello che mi spaventa sono le statistiche medie. Voglio sapere da dove vengono quelle cifre. Ad esempio sono le stesse contro le squadre più forti o no? Anche nella stessa partita un conto è fare certe cose nel primo quarto e un altro è farle nel quarto di una partita tirata. Diverse sono le statistiche che indicano una tendenza come l’efficacia di un giocatore quando va a destra o sinistra. I giocatori vogliono avere queste informazioni, ormai se le aspettano e sanno usarle. Ma personalmente credo molto nelle decisioni di pancia”.

Fonte: Olimpia Milano.