Ario Costa, presidente della Carpegna Prosciutto Pesaro, su La Gazzetta dello Sport accoglie a braccia aperte il nuovo coach Meo Sacchetti: “Meo alla sua età la racconta ancora. Per me è quasi un fratello maggiore. Insieme abbiamo condiviso l’oro europeo di Nantes 1983 con la Nazionale. Da avversari ci siamo giocati la finale scudetto 1990 vinta dalla mia Pesaro contro la sua Varese: lui purtroppo s’infortunò seriamente. Poi io da dirigente e lui da coach ci siamo ritrovati a Fabriano nel 2005. C’è una lunga amicizia che ci lega”.
“Dovevamo cambiare, anche se le colpe non erano tutte di Buscaglia. Siamo una squadra strana, che non riesce a stare negli schemi. Contro Sassari da -30 siamo arrivati a -4 giocando alla garibaldina. Serve un coach che ci liberi la testa, che ci faccia giocare anche con incoscienza e sfrontatezza, qualità che hanno sempre caratterizzatole squadre di Meo. Tengo a sottolineare che dopo questo cambio i giocatori non hanno più alibi. Ora tocca a loro”.
“Qui la vita del coach è dura. Pesaro per il basket è esigente, non perdona nulla e non fa sconti a nessuno. Con questi tifosi non puoi bluffare perché ti “sgamano” subito. Ma è anche vero che, a parte qualche nome di valore, molti allenatori che abbiamo cambiato avevano un’esperienza molto limitata. Molti hanno avuto una chance importante in una piazza storica come la nostra che può diventare un bel trampolino di lancio, ma non tutti l’hanno sfruttata bene. Per noi, per me in particolare, non è mai stato piacevole licenziare l’allenatore. Ma quando si deve fare, non bisogna esitare. Dopo la contestazione di domenica sarebbe stato impossibile ripresentare la gestione precedente. E lo dico con grande stima nei confronti di Buscaglia”.
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