Amedeo Della Valle: Il supporto della gente è fondamentale

Amedeo Della Valle: Il supporto della gente è fondamentale

Amedeo Della Valle è stato ospite del podcast creato da Alex Ayiku e Awudu Abass

Fonte LBA Amedeo Della Valle è stato ospite del podcast creato da Alex Ayiku e Awudu Abass, trattando vari temi e analizzando cosa lo ha portato a scegliere l’America da giovane per il college: “Innanzitutto, penso che ognuno di noi, per forza di cose, abbia sempre una piccola etichetta che gli viene data quando nasce per una serie di cose che fa o ha fatto. Io sono figlio di giocatori di basket e quindi giocavo perché mio padre aveva giocato. Questa cosa soprattutto a 14, 15, 16 anni ha avuto un peso abbastanza rilevante perché era continua. Poi però sono stato anche molto fortunato perché i miei genitori sono due persone molto umili e molto equilibrate che non hanno mai influenzato le mie scelte cestistiche. Ho avuto la fortuna di andare per la prima volta in vacanza in America con mia madre e mi sono ovviamente, come ragazzino, innamorato del sogno americano. Mi sa che la prima volta che ho pensato di poter avere una minima speranza è stato agli Europei giovanili under 18 perché lì c’erano i primi scout del college che venivano a reclutare i giocatori che avevano interesse di andare a giocare dall’altra parte. Era una cosa un po’ particolare perché non era molto comune, non sapevo neanch’io bene come fare, a chi chiedere perché non c’erano stati molti ragazzi a cui a cui poter chiedere. Fatto sta che io volevo subito andare al college ma non avevo idea della serie di cose burocratiche che ci sono da fare: tradurre i voti, fare tutti gli esami corretti, avere un determinato test accademico sono tutte cose che ovviamente non ho potuto fare e che solo grazie alla fortuna di aver avuto uno step intermedio che è stata l’High School, nel mio caso una Prep School privata, sono riuscito a fare. La mia si chiamava Findlay Prep ma era una High School privata perché era una scuola di basket: c’erano 12 studenti che eravamo noi giocatori, tutti con la borsa di studio, e poi tutti ragazzi delle scuole medie, quindi, era come se i professori dopo aver fatto le scuole medie facessero lezione a dei ragazzi che stanno cercando di entrare al college. La Prep School la possono fare anche i ragazzi che hanno già terminato la High School e che stanno cercando di migliorare i voti e avere tutto quello che serve per arrivare al college. Era abbastanza surreale perché sono arrivato lì con due o tre e-mail, il posto sembrava davvero spaziale, c’erano dei talenti che io mi son detto “cosa vado a giocare con questi” e mi aspettavo la classica High School, invece ti dovevi presentare in divisa per la scuola e con 12 giocatori le classi erano da tre o quattro.

Il college gli è particolarmente servito per affrontare il basket professionistico: “Giocare davanti a trentamila persone a 18 anni sicuramente ti prepara perché sei già pronto poi a rivivere la situazione quando questa ti ricapita nel basket professionistico, non provi più quell’effetto di sorpresa, senti l’atmosfera ma sai già a cosa vai incontro e quindi sei già pronto perché hai visto la stessa situazione. Senza l’esperienza all’High School non sarei l’Amedeo Della Valle di oggi. Sicuramente sarei più povero a livello di esperienza. Sono soddisfattissimo e molto fortunato ad essere stato consigliato così da parte dei miei genitori che mi hanno sempre supportato e mi hanno spinto a mettermi in gioco e a fare qualcosa fuori dalle righe. Penso che questa sia l’esperienza più bella di tutte quelle che ho fatto”.

Della Valle ha poi indicato il momento in cui la carriera da professionistica ha iniziato a svoltare per il meglio: “Penso già agli ultimi anni a Reggio Emilia di aver acquistato un po’ di consapevolezza in me stesso. Lì ho avuto le opportunità giuste per giocare ma anche il primo anno a Reggio Emilia abbiamo fatto la finale scudetto anche se inaspettata. Semplicemente ci sono state le opportunità giuste, io sono stato bravo a coglierle ma è anche vero però che in quel momento lì a Reggio Emilia era una società che puntava molto sugli italiani, credeva nel farli crescere e quindi penso da lì. Dipende dalla situazione, dall’ambiente tantissimo. È chiaro che ci sono casi di gente che è andata all’estero e ha fatto molto bene. Da lì sono usciti migliori sicuramente. Anch’io, anche se non è stata l’esperienza più indimenticabile della vita, sono tornato dal mio anno all’estero e l’anno dopo probabilmente fatto la mia migliore stagione della carriera in Italia. Secondo me è molto in base all’esperienza che acquisisci e aggiunge sempre di più al tuo bagaglio, alla tua consapevolezza anche sul campo”.

Infine, ADV ha parlato di coloro che sono stati sui appigli dietro e fuori dal campo: “Penso che sia in campo che fuori dal campo sia fondamentale il supporto della gente che può essere la tua famiglia, i tuoi amici, chiunque. Io sul campo ho avuto davvero della gente che ha fatto la differenza. Scola e Rodriguez sono state due persone con cui ho legato tantissimo, con le quali ho davvero condiviso dentro e fuori dal campo dei bei momenti, ho mantenuto i rapporti e la grande cosa che hanno questi campioni, che hanno giocato in situazioni incredibili e hanno vinto tutto, è sempre quella di “rimani positivo, allenati, mettiti in gioco, fai cose semplici, non andare a complicarti la vita, non cercare di fare equazioni strane”.