Alessandro Zanelli: Con Brindisi un ottimo rapporto, abbiamo iniziato a parlare di futuro

Alessandro Zanelli è stato, insieme a Banks e Brown, l’unico superstite della Brindisi della stagione 2018-19: Ora è impossibile dire qualcosa, bisogna aspettare

Alessandro Zanelli è stato, insieme a Banks e Brown, l’unico superstite della Brindisi della stagione 2018-19. Una conferma, con la nomina a vice capitano, che l’ha responsabilizzato e gli ha fatto compiere un ulteriore salto di qualità, fino a raggiungere la convocazione in Nazionale. Il classe ‘92 di Treviso ha partecipato alla diretta Instagram di Basket dalla Media, raccontando della stagione trascorsa tra la finale di Coppa Italia e le trasferte impossibili, come quella a Klaipeda dopo la vittoria al Forum di Assago.

Gli ultimi 3 anni a Brindisi: una continua ascesa fino a diventare un pilastro della squadra.
“Il primo anno ero arrivato volendo mettermi alla prova e già alla fine di quello avevo preso molta confidenza. Quest’anno poi la società ha puntato ancora di più su di me: l’allenatore ci credeva tanto, con Adrian e John ci siamo sentiti l’estate scorsa convinti di voler fare un altro anno insieme. Quando poi hanno deciso anche di darmi il ruolo di vice capitano è stata una conferma ulteriore della stima che c’era da parte di tutti e questo mi ha dato tanta fiducia”.

L’importanza, per gli italiani dell’Happy Casa, di giocare la Champions.
“A me è servita tantissimo. Molte più possibilità di giocare e prendere ritmo partita, più fiducia, è servito a tanti. Ci ha tolto qualche energia per il campionato, ma ci ha dato tantissimo. Nel finale di stagione, uscendo dalla coppa, credo che ci saremmo potuti togliere altre soddisfazioni”.

Coppa Italia: due anni di fila in finale… perdendola.
“Dicono non c’è due senza tre, ma no, basta (ride, ndr). Emozioni che mi porterò dentro sempre, bellissime, peccato sia mancata la ciliegina in entrambe le occasioni. Quest’anno è l’ultimo ricordo che abbiamo in campo; ci siamo rimasti male perché non è facile arrivare a giocarsi un trofeo. Alla testa torna in mente anche il bello di una competizione come quella, il pubblico brindisino sempre presente accanto a noi. Spero prima o poi di vincere qualcosa”.

Di origine e crescita cestitica trevigiane, ti piacerebbe tornare al PalaVerde?
“Treviso è casa mia, al PalaVerde ci andavo da quando ho 5 anni, l’abbonamento era il mio regalo di compleanno. Per me sarebbe un sogno tornare lì a giocare, non c’è mai stata occasione ma spero che in carriera ci sarà questa opportunità, davanti a quel pubblico. Oggi è una squadra diversa, ma devo dire che sono riusciti a creare un grandissimo entusiasmo, che negli ultimi anni di Benetton si era un po’ perso. E’ bellissimo quando vedo il PalaVerde strapieno come ai tempi d’oro”.

Nazionale.
“Quest’anno c’è stata la possibilità che si concretizzasse e questo mi ha dato grande carica e spero di riuscire ad entrare in questo nuovo gruppo che si sta creando. Anche quello è uno dei sogni che ogni giocatore ha e lavoro per questo. Quando hai degli obiettivi ti viene ancora più voglia di lavorare. Ho fatto le selezioni under ma non ho mai fatto un Europeo, mi piacerebbe molto, poi con la Nazionale maggiore sarebbe proprio il massimo”.

Milano?
“Penso che sia il punto massimo per tanti giocatori, un obiettivo che uno si può dare. Sarebbe un onore ma adesso mi sembra molto difficile per me. Hanno un progetto molto bello e stanno lavorando bene. Non sono ancora arrivati risultati con continuità, però penso che il futuro sia dalla loro parte, qualcosa sta cambiando e per il basket italiano è fondamentale una piazza del genere. E ogni volta che si gioca al Forum è un’emozione.

Il tuo contratto è in scadenza a breve. Resterai a Brindisi?
“Abbiamo trovato l’accordo per concludere la stagione ed è un’ottima cosa. Ho un ottimo rapporto con la società, abbiamo iniziato a parlare, ma ora è impossibile dire qualcosa, bisogna aspettare. Anche noi giocatori vorremmo organizzarci, sapere se ci dovremo spostare per la prossima stagione, ma il momento è questo e bisogna aspettare”.

Con Poeta si è parlato dell’importanza, per il basket italiano, che ci sia una lega solida che impedisca il fallimento delle società, cosa che negli ultimi anni è capitata spesso.
“Mi sembra un punto chiave del futuro. Ho letto varie proposte, come avvicinarsi al modello americano coi tetti salariali, anche se non so se fattibile perché ci sono tante forze in campo e ognuno porta avanti i suoi interessi ed è difficile farli incastrare. Non è bello vedere società in difficoltà o società che spariscono, anche storiche come è stato per Treviso o la Fortitudo, che sono uno spot per il nostro sport. Sarebbe da affrontare magari adesso, mettendo piccoli paletti per iniziare un processo. Ne sento parlare da 8-9 anni, si parlava anche allora sempre di essere crisi, mi piacerebbe vedere un discorso più propositivo ora che possiamo resettare. Capisco che ora è difficile pensare di investire miliardi, però bisogna avere un atteggiamento più positivo”.

Rivoluzione quote italiani/stranieri?
“Grandissimo tema. Ognuno anche lì porta i suoi interessi. Leggo tante volte discorsi sugli italiani che hanno il posto garantito: io nella mia esperienza di garantito non ho avuto nulla e così gli altri italiani. Nonostante non fossimo quelli di grido, abbiamo fatto la nostra parte, a volte facendo la differenza, dando una mano alla squadra”.

Club Italia?
“Idea molto interessante. Non so se verrà realmente concretizzata ma è bello leggere di queste iniziative. La gente si affeziona ai giocatori italiani ed è bello che sia così. Io qui sento un grande amore nei nostri confronti”.

Un aneddoto memorabile di questa stagione.
“Prima trasferta in Champions a Klaipeda, Lituania. La sera prima avevamo giocato e vinto a Milano. Euforia assurda, poi il martedì giocavamo li, città lontanissima con 3 aerei da prendere. Partenza alle 7 di mattina. Arriviamo a Malpensa e aereo cancellato, aspettiamo 4-5 ore in aeroporto e invece di fare il giro normale andiamo a Copenaghen, riuscendo a partire solo noi giocatori, senza società e staff. Partenza alle 7 del mattino, arrivo alle 9 di sera, e io ho fatto il team manager, dovevo tenerli d’occhio. Il giorno dopo siamo infatti scesi in campo storditi, stanchi ancor prima di iniziare; non a caso abbiamo perso. E’ stato un momento che ci ha fatto fare gruppo e devo dire che non mi hanno fatto molto impazzire. E’ stato come la gita di 5a superiore, tante risate”.