di Filippo Stasi
Andrea, la partita perfetta non esis… O forse esiste e la hai appena giocata? Nel lunch match di domenica scorsa, contro la Dinamo Sassari, hai aggiornato i tuoi career high per punti (28) e valutazione (48) in Serie A.
Una prestazione oggettivamente maiuscola, la quinta migliore per valutazione se si considerano le ultime dieci stagioni di campionato. Avevi la percezione che potesse essere una giornata speciale prima dell’inizio del match?
No, non ho avvertito particolari presagi nel riscaldamento. Quel che so è che eravamo tutti desiderosi di interrompere la striscia negativa delle precedenti 6 giornate, condizionate anche da problemi legati al Covid-19. Non abbiamo vissuto settimane facili, non scendevamo in campo da venti giorni, ma ci siamo fatti trovare pronti e abbiamo meritato la vittoria. Riguardo al mio exploit individuale, posso rivelare che in occasione del mio precedente career high in Serie A (23 punti dello scorso 31 ottobre, contro la Unahotels Reggio Emilia, ndr) coach Giuseppe Mangone – che è anche il Responsabile del Settore Giovanile della Vanoli – mi aveva affibbiato il soprannome di ‘Uomo del mezzogiorno’, perché anche in quell’occasione giocammo alle 12 e andai forte. Considerata la prestazione nel lunch match della scorsa domenica contro Sassari il soprannome parrebbe azzeccato, ma ora che l’ho rivelato pubblicamente, alla prossima partita in programma a mezzogiorno, corro il rischio di fare ‘virgola’! (ride, ndr).
Sei un giocatore che fa della reattività fisica il suo punto di forza principale. Ora che sei tornato al top della condizione atletica, dopo una stagione scorsa travagliata per via della positività al Covid-19, punti al rilancio in Nazionale? E per farlo, in quali aree del tuo gioco stai cercando di fare maggiori progressi?
Non è un segreto che mi piaccia correre in campo aperto e tagliare in area, aggredendo gli spazi e cercando di anticipare sul tempo gli avversari. Sono le mie caratteristiche migliori ma sto cercando di sviluppare anche il mio potenziale tecnico. Per farlo, mi avvalgo del prezioso aiuto di due allenatori che mi stanno seguendo nelle sedute individuali: il già citato Giuseppe Mangone, lo stesso che mi ha scherzosamente nominato ‘Uomo del mezzogiorno’… E Luigi Brotto, che purtroppo è ancora positivo al Covid-19 e a cui auguro di tornare presto in palestra. Devo molto a entrambi: li ringrazio perché mi dedicano tante ore in settimana per aiutarmi a lavorare su aspetti che intendo migliorare, su tutti il tiro. Sto insistendo molto su questo fondamentale e mi sembra che i risultati stiano ripagando abbastanza, sebbene ci sia ancora tanto da migliorare. Per quanto riguarda la Nazionale, cerco di vivere il presente, giorno per giorno, senza guardare troppo in là. Devo continuare a lavorare sodo, poi se arriverà la chiamata in Azzurro sarò ben contento di tornare nel gruppo. In caso contrario, nessun dramma: continuerò a tifare da casa, come ho sempre fatto!
Dato che preferisci restare concentrato sul presente, giustamente, parliamo del momento della Vanoli Cremona e della partita di questa sera che vi vedrà affrontare l’Allianz Trieste tra le mura amiche del PalaRadi. Che gara sarà?
Partiamo dal presupposto che non è facile preparare partite senza sapere quante e quali defezioni realmente avranno. Il Covid-19 ha colpito anche noi, ma contro la Dinamo abbiamo dimostrato di essere in ripresa e aver vinto sicuramente fa bene anche al nostro morale. Oltretutto potremo contare sul sostegno del nostro pubblico, che ci dà ulteriori stimoli. Ma sono certo che anche Trieste si farà trovare pronta. Hanno fatto molto bene finora e possono contare su diverse ‘minacce’: non solo Adrian Banks che è indiscutibilmente il go to guy della squadra, ma anche giocatori come Fernandez, Konate, Mian, Campogrande… In tanti possono mettere punti a referto, per cui sarà una partita difficile. Dovremo essere concentrati in difesa e cercare di giocare il nostro basket in attacco. Difensivamente, l’impatto positivo che sta avendo Malik Dime è notevole: ci sta dando una grossa mano sotto le plance, perché ha leve talmente lunghe da riuscire a condizionare le parabole di tiro avversarie. Contro Sassari pensavo avesse distribuito una dozzina di stoppate, tanto è stato bravo a proteggere il nostro canestro! Alla fine gliene hanno contate 4, ma ad ogni modo lui e McNeace offrono alla causa un gran contributo. Loro al pari di tutti gli altri componenti del roster. Stiamo tornando al completo e questo non può che farci ben sperare in vista delle prossime partite, a partire da quella odierna.
A Cremona hai ritrovato Paolo Galbiati, già tuo allenatore ai tempi del Settore Giovanile dell’Olimpia Milano. È stata la figura chiave, la più importante per aiutarti a diventare un professionista?
Ho un rapporto speciale con coach Galbiati e non potrebbe essere altrimenti: mi ha allenato per cinque anni all’Olimpia, in una di quelle stagioni abbiamo pure vinto uno Scudetto giovanile e in generale abbiamo condiviso tanti momenti. È stato l’allenatore che mi ha fatto capire cosa volevo fare da grande e come dovevo comportarmi per percorrere la strada del professionismo, evitando di sbandare dinnanzi ai primi ostacoli. Non è l’unico allenatore al quale devo tanto se sono arrivato a questo livello; ad esempio Adriano Vertemati mi ha accolto in una realtà come Treviglio, dove ho vissuto tre stagioni davvero formative che mi hanno di fatto reso un cestista professionista. Mi ha dato tanta fiducia e spazio sul parquet, in un campionato tosto come la A2 dove tante volte si criticano gli allenatori per non far giocare i giovani italiani. Tanti sono esenti da queste critiche e personalmente mi ritengo fortunato ad aver trovato coach Vertemati, che mi ha lasciato libertà di sbagliare per poi imparare dai miei errori, e quindi maturare. Ma posso spendere solo belle parole anche per coach Bucchi e Pancotto: quest’ultimo – quando sono arrivato a Cantù non ancora ventiduenne e al primo impatto con la massima serie – mi ha responsabilizzato molto concedendomi circa 25 minuti di media a partita. Non so con quanti altri allenatori mi sarebbe stato concesso un minutaggio così nutrito, alla prima stagione in LBA.
Per concludere, una curiosità sulla coppia molto intrigante che la Vanoli 2021/22 presenta in cabina di regia: Giuseppe Poeta, veterano e capitano della squadra, da una parte; dall’altra, un giovane talento di prospettiva in rampa di lancio, Matteo Spagnolo. Nel mezzo, 18 anni di differenza d’età. Tu che ti alleni con loro tutti i giorni, ci sai svelare qualcosa in merito al loro rapporto? C’è particolare intesa?
Peppe Poeta è fantastico perché è in grado di prendere non solo Matteo Spagnolo, ma tutto il gruppo sotto le sue ali e di farlo volare, con la leadership in campo e con la simpatia fuori. È il principale punto di riferimento dello spogliatoio, insieme a David Cournooh, l’altro veterano di un gruppo giovane che spontaneamente li segue per il carisma e l’esperienza con la quale ci guidano. Giocando nel loro stesso ruolo, Matteo forse beneficia più di tutti dei loro consigli e dell’esempio che danno ogni giorno. Per un giovane avere riferimenti del genere è fondamentale. Anche se – nel caso di Peppe – non va preso ad esempio in tutto e per tutto… Per dirne una: ogni tanto si dimentica di chiudere la macchina quando viene ad allenarsi al PalaRadi (ride, ndr), ma noi gli vogliamo bene lo stesso!
di Filippo Stasi
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