Voleva diventare il calciatore più alto, invece è una stella del basket: la storia di Nikola Mirotic

L’ala scriverà i prossimi capitoli della sua storia con la maglia dell’Olimpia Milano

Podgorica si chiamava ancora Titograd nel febbraio del 1991 quando Nikola Mirotic venne al mondo. Ma dal 1992 sarebbe tornata ad essere Podgorica, che tradotto significa "ai piedi della montagna". È qui che Mirotic, il secondogenito di Ranko e Dragana, fratello minore di Filip, è nato, nella capitale del Montenegro. Quando nel 2010 venne convocato con la squadra del Resto del Mondo all’Hoop Summit di Portland, e ogni giocatore sulla maglia portava la scritta del paese di provenienza, lui aveva scritto Montenegro. Ma in quel momento era già un giocatore spagnolo, cresciuto nella cantera del Real Madrid, il club che l’aveva scovato a soli 15 anni, in un camp.


In realtà Mirotic sognava di fare il calciatore. Ma continuava a crescere e l’idea di diventare un grande calciatore si infrangeva ogni centimetro in più contro la logica. Quando superò i due metri diventò più alto di un attaccante della Stella Rossa di due metri, Nikola Zigic, che rappresentava un po’ il suo punto di riferimento. Era un segnale. Fu il nonno a suggerirgli di provare con il basket. C’era una buona scuola a Podgorica e una discreta tradizione cestistica. Da alcuni anni uno dei migliori giocatori locali, Jadran Vujacic, aveva aperto la Joker School. Vujacic era stato un eccellente centro negli anni 80 e 90. Aveva avuto una carriera lunga e di discreto successo. Ha anche vinto la Coppa Korac con il Partizan Belgrado. Nel 1991 lo fece contro Cantù in finale. Il titolare era Vlado Divac, il centro che avrebbe conquistato la NBA giocando per i Lakers, per Charlotte, per Sacramento. Vujacic era il suo cambio. Per Mirotic avrebbe rappresentato tantissimo: il primo allenatore, un mentore e poi addirittura il suocero. A Nikola bastarono un paio di anni perché il Real Madrid si accorgesse di lui e lo portasse in Spagna da ragazzino, in tempo per diventare cestisticamente iberico e scegliere di giocare per la nazionale spagnola.



Il primo anno dev’essere stato durissimo. Non capiva una parola di castigliano, girava con un dizionario e ovviamente aveva problemi anche a scuola nel tenere il passo con i coetanei spagnoli. A casa aveva la famiglia come elemento di supporto e stabilità. Ma nel suo secondo anno a Madrid rimase solo, con i compagni di squadra. In campo però era uno spettacolo. Così diventò il primo prodotto delle giovanili del Real Madrid a debuttare in prima squadra in venti anni. La crescita di Mirotic da quel momento è stata esponenziale. Nel 2009 ha debuttato con la Nazionale Under 20, poi ha giocato l’Hoop Summit diventando di fatto un prospetto NBA e infine nel 2011 a Bilbao ha dominato gli Europei di categoria consegnando alla Spagna la medaglia d’oro. In finale venne battuta proprio l’Italia guidata da Nicolò Melli e Alessandro Gentile. Fini il torneo a 27.0 punti di media, MVP e capocannoniere. In finale ebbe 29 punti e 10 rimbalzi. In quel momento Mirotic era già da tempo in prima squadra al Real Madrid. Avrebbe vinto due volte di fila il trofeo di Rising Star di EuroLeague, finendo secondo una terza volta. Nel 2013 era già secondo quintetto della competizione e MVP nella Liga. Nessuno era mai stato nominato miglior giocatore del campionato spagnolo a 22 anni come successe a lui.


Furono i Chicago Bulls a puntare su di lui nei draft NBA. Venne scelto al primo giro con il numero 23 ma senza che si ipotizzasse un trasferimento immediato. Il Real Madrid aveva già esteso il suo contratto a lungo termine. I Bulls avevano una squadra in ascesa, capitanata da Derrick Rose. E Duje, il figlio del loro storico scout croato Ivica Dukan, era stato compagno di Mirotic all’Hoop Summit. Ma al termine della stagione 2013/14, l’Europa stava stretta a Mirotic. L’America chiamava. Lo fece subito dopo le Final Four di Milano in cui il Real Madrid venne beffato in finale dal Maccabi Tel Aviv, dopo un tempo supplementare.



A parte l’EuroLeague, Mirotic aveva vinto tutto e provato sé stesso in Europa. Quindi il momento era quello corretto, a 23 anni di età, per andare nella NBA. Il suo coach era Tom Thibodeau, un "defensive mastermind". Mirotic ai Bulls era il lungo che tirava da fuori, dando alla squadra una dimensione che prima non aveva. In quella stagione i due lunghi titolari erano Pau Gasol e Joakim Noah. La stella nascente era Jimmy Butler. Impiegavano una rotazione di dieci uomini. Mirotic ebbe oltre venti minuti e dieci punti di media. A dicembre e marzo fu rookie del mese, a fine anno venne incluso nel primo quintetto di rookie. Non fece grande fatica ad ambientarsi nel mondo NBA. Chicago raggiunse il secondo turno dei playoff, eliminata 4-2 dai Cleveland Cavaliers di LeBron James.



Nel terzo anno, ha giocato tutte le partite del Barcellona, che finì primo in regular season, vincendone 28 e assicurando alla squadra un altro viaggio alle Final Four. Quella è stata la stagione in cui ha vinto il titolo di MVP. Lo scorso anno, ha debuttato alla decima giornata a causa di un infortunio in prestagione. Poi ha giocato tutte le partite. Infine, c’è stato l’ultimo atto con la maglia del Barcellona ovvero i playoff della Liga in cui è stato nominato MVP vincendo otto gare su nove, inclusa una gemma da 25 punti in Gara 2 contro il Real Madrid. Due mesi dopo, è arrivato a Milano. La storia ricomincia dal Mediolanum Forum.


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