Venezia, Spahija: “Voglio vincere qui il mio 10° Scudetto”
Lunga intervista sulla Gazzetta per il coach della Reyer: “Io e Petrovic eravamo come fratelli da giovani”
Intervistato da "La Gazzetta dello Sport", il coach dell’Umana Reyer Venezia, Neven Spahija, ha raccontato del suo richiamo verso l’Italia: "Sono cresciuto guardando il basket sulla tv italiana. La Serie A e la Nba. L’ho scoperta professionalmente a Roseto. Diciotto anni dopo sono tornato in quella che considero lamia seconda casa. Venezia era nel destino, noi croati della costa adriatica un tempo eravamo sotto la Serenissima".
Poi Neven ha sottolineato il perché ha deciso di mettersi in gioco nel club orogranata: "In carriera ho sempre badato prima al progetto tecnico, che alla Reyer è eccellente, prima di quello temporale. Qui ha allenato un grande coach come De Raffaele, ho trovato terreno fertile. Il futuro? Decideranno i risultati ma non sono preoccupato".
Questa Reyer può raggiungere i playoff: "Sono fiducioso. Abbiamo 10 partite davanti per recuperare. Non possiamo più fare errori".
E intanto si prova ad iniziare stasera la risalita con il big match contro la Virtus Segafredo Bologna: "Sarà durissima ma siamo diversi dal quarto di finale in Coppa Italia. Sappiamo come giocare e affrontare uno squadrone così. Purtroppo non avrò Spissu per infortunio. Marco è un grande giocatore. Ma tutta la squadra sta crescendo come si è visto in Eurocup".
Spahija ha conquistato nove titoli in sei leghe nazionali diverse e l’Italia è uno di quei campionati che gli manca: "Intanto dobbiamo stabilizzarci e trovare la nostra dimensione. Certo il mio sogno è vincere anche con Venezia. Io non rinuncio mai all’idea di vincere anche se non può succedere sempre".
Infine, il coach croato ha raccontato dei tanti ricordi che lo legano a Drazen Petrovic: "Vivevamo nella stessa strada. Nessuno più di me ha giocato con o contro Petrovic, dal playground alle giovanili. Lui voleva sempre vincere, quante partite e quanti litigi per un canestro. Eravamo come fratelli: vacanze insieme al mare di Primosten e Vodice. Io ero play al suo fianco. Non avevo il talento per seguirlo tra i professionisti. Quando lui giocava nel suo campetto col canestro che dava sulla strada dove passavano le auto e i camion, si fermava il traffico e nei palazzi intorno tanta gente lo applaudiva dai balconi e dalle finestre".
Fonte: LBA.