Ruben Douglas: “Ho temuto che il tiro lo annullassero. Repesa? Il migliore”
L’eroe della scudetto 2005 della Fortitudo Bologna, Ruben Douglas, è stato ospite della trasmissione “Effe trasmetto per te” su Radio108Web
L’eroe della scudetto 2005 della Fortitudo Bologna, Ruben Douglas, è stato ospite della trasmissione "Effe trasmetto per te" su Radio108Web condotta da Matteo Airoldi. Douglas segnò il canestro decisivo in gara 4 contro l’Olimpia Milano, tiro scoccato sulla sirena e convalidato solo dopo il consulto dell’instant replay: gioia, apoteosi e grande festa biancoblu. "The Shot" avvenuto il 16 giugno 2005, 15 anni fa, è impresso nella memoria di tutti i tifosi dell’Aquila.
Le prime impressioni dopo quel tiro. "Fu incredibile quel tiro, ma non voglio minimamente paragonarlo a quello di Michael Jordan. Quello fu iconico veramente. Ho subito pensato fosse buono, ma ho anche avuto paura che non fosse dato buono perché eravamo fuori casa. C’era tanta pressione sugli arbitri, sopratutto con la presenza di Giorgio Armani in prima fila."
La preparazione del tiro. "È stata una pura invenzione. Un po’ mi allenavo su quei tiri però quello fu unico. Sfruttai perfettamente l’errore di Calabria al tiro e la bella apertura di Basile. Realizzai poco dopo quello che avevo fatto e fui contento perché avevamo vinto lo Scudetto. Pensai che potevo tornare a casa e abbracciare mio figlio"
L’esclusione di Gianmarco Pozzecco. "Eravamo ad Avellino e qualche giorno dopo ci fu comunicata la scelta su Pozzecco. Gianmarco era un ragazzo carismatico e non nascondo che ci rimanemmo male quando arrivò l’annuncio della decisione."
L’infortunio di Milos Vujanic. "Non eravamo felici del fatto che un nostro compagno si era fatto male perché avevamo condiviso dieci mesi di lavoro. Questo ci ha compattato e ci ha fatto migliorare il nostro gioco e le nostre potenzialità per portare la squadra alla vittoria."
Repesa artefice di quella vittoria. "Repesa è una persona straordinaria, senza dubbio uno dei migliori coach che abbia mai avuto. Non aveva un compito facile perché la squadra era piena di giocatori di talento. Tutti volevano essere i protagonisti. Lui riuscii ad unire tutte le nostre caratteristiche e a portare a casa lo scudetto."
La chiave del successo. "Eravamo una squadra unita, diventammo tutti amici. Sempre andavamo a mangiare fuori tutti insieme e tuttora siamo amici. Questa fu la vera chiave per quel successo."
Ci fu una vittoria cruciale che fece capire che si sarebbe potuto vincere? "Direi quella contro il TAU Vitoria in EuroLeague al PalaDozza. Era una squadra fortissima e molto tosta. Ovviamente anche nelle sconfitte però c’è un insegnamento e proprio in quelle abbiamo trovato la chiave per migliorare come squadra."
L’amore per Bologna. "Amo Bologna e l’Italia tutta, in particolare il Lago di Como, Napoli. La scorsa estate sono andato a Bologna in vacanza. Ho visto il torneo dei playground dei Giardini Margherita. Ho rivisto la passione per il basket a Bologna e ho avuto la fortuna di incontrare qualche amico come Carlos Delfino. Il lagame con Bologna è importante."
Il rapporto con i suoi ex compagni. "Si, di tanto in tanto ci sentiamo. In particolare con Basile, Mancinelli, Bagaric e quel pazzo di Pozzecco."
L’amore dei tifosi della Fortitudo e la Fossa dei Leoni. "Sono i numeri uno. Mi hanno sempre dimostrato amore. C’è un ragazzo che ha il tatuaggio del mio tiro con Milano. Sono sempre stati il sesto uomo in campo, l’atmosfera che creano è unico."
C’è rimpianto per non aver giocato in NBA? "Ho solo giocato la Summer League. Direi che non ho rimpianti perché durante il mio "viaggio" ho instaurato bellissimi rapporti, conosciuto nuove persone e culture. Ho girato il mondo e questo per me è la cosa più importante perché mi ha fatto sentire ricco in una maniera differente rispetto a dollari garantiti in NBA."
La carriera da allenatore di Ruben Douglas. "Sto allenando dei ragazzi dell’High School. Per me il lavoro di coach non è soltanto insegnare a tirare, passare e difendere, ma è far crescere i ragazzi come uomini. Quando sono venuto in Italia avevo provato ad entrare nello staff tecnico del settore giovanile della Fortitudo, ma la cosa poi non si è concretizzata."
La quarantena negli Stati Uniti. "Ho cercato di stare a casa il più possibile e di assicurarmi che tutta la mia famiglia fosse al sicuro. Ho cercato anche di non ascoltare quello che diceva il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump."
Il razzismo in Italia. "Personalmente non ho avuto episodi di razzismo in Italia, ma in America si. In Italia magari dopo il tiro a Milano ho ricevuto qualche epiteto, ma sicuramente era dettato dalla rabbia del momento dei tifosi dell’Olimpia. Negli Stati Uniti questo problema è reale e pesante. Questa "piaga" è molto aumentata nell’ultimo periodo."
Lo sport come repellente per il razzismo. "Non so se sia la chiave giusta per questa battaglia. Ci sono tante cose che andrebbero sistemate prima di poter tornare a giocare."
Il ritorno in campo della NBA e la favorita al titolo. "È molta strana la situazione, forse l’emergenza sanitaria va ancora sistemata. Non sono un fan di LeBron James, ma tifo per i Los Angeles Lakers, quindi spero vincano i gialloviola, ma ho paura che si possano inserire anche i Los Angeles Clippers ed i Milwaukee Bucks."
L’avversario più difficile da affrontare. "È stata Mahmoud Abdul-Rauf di Roseto. Aveva 40 anni e non era più atletico come una volta, ma aveva una mente cestistica straordinaria."
Un ritorno in Fortitudo. "Certo, è un mio sogno. Ma bisogna vedere cosa ne pensa il front office della società."
Fonte: Basket Magazine.