Reyer, l’estate d’impegno di Bruno Cerella

Il giocatore di Venezia protagonista anche fuori dal campo

Nelle prime quattro stagioni in cui ha vestito la maglia dell’Umana Reyer in 180 incontri, i tifosi hanno imparato ad apprezzare Bruno Cerella non solo per il cuore e la grinta che mette in campo, ma ancor prima per la sua grande umanità. E la quinta annata in orogranata del campione italo-argentino si apre proprio all’insegna dell’attenzione concreta nei confronti dei giovani, soprattutto quelli meno fortunati, con una doppia iniziativa della sua associazione, Slums Dunk.


In primo luogo, Cerella ha voluto rilanciare l’impegno nel programma di inclusione sociale attraverso il basket portato avanti in Africa. "A causa del Covid – ricorda – erano due anni che non riuscivo ad andare di persona in Kenya, dove comunque l’attività di Slums Dunk non si è mai fermata grazie all’impegno nel corso di tutto l’anno dei nostri allenatori. Se già qui i controlli sono difficili, figuratevi le difficoltà per controllare la pandemia all’interno di quelle situazioni: le restrizioni ci sono, ma è tutt’altro che semplice farle rispettare quando le case sono piccole e senza luce, gas e servizi. Adesso, in ogni caso, siamo riusciti finalmente a organizzare il viaggio ed è stato bello tornare lì e ritrovare le persone che si dedicano al progetto. Come tutti gli anni precedenti, ho vissuto con loro una settimana per fare il punto della situazione e programmare il futuro".


L’estate di Bruno Cerella l’ha visto poi al centro anche di un altro progetto, nel quartiere "Isola" di Milano, che parte dal basket per poi allargare la prospettiva. "Il quartiere di Isola – racconta – tempo fa non era tanto bello, poi è stato riqualificato ed è cresciuto tantissimo. Ciò nonostante, il campetto da basket del quartiere è stato lasciato un po’ andare, non utilizzandolo come si poteva immaginare, tant’è che le famiglie e i bambini non vi si avvicinavano più di tanto. Per questo, con l’associazione, abbiamo deciso di effettuare un intervento di ristrutturazione del campetto stesso, migliorandolo strutturalmente con una sorta di riqualificazione urbana. L’obiettivo è quello di farne un punto di riferimento, all’interno di un più ampio e importante progetto a impatto sociale che riguardi tutto il quartiere. Questa fase partirà a settembre, puntando ad avvicinare le persone al campetto per approfittarne e promuovere alcuni valori che vengono prima e vanno al di là dello sport. Per questo, nei prossimi due anni, abbiamo in programma eventi di educazione di strada, di collaborazione con le scuole. Diciamo che, pur volendoci tempo e soldi per costruirlo, il campo è solo il 20% del lavoro che riteniamo sia importante fare per portare davvero qualcosa all’intero quartiere".


Cerella è comunque pronto anche a ripartire per la nuova stagione di Serie A con l’Umana Reyer. "Ho tante motivazioni. Ho voglia di poter ritornare in campo con il pubblico sugli spalti, anche se su questo possiamo solo stare ad aspettare e vedere cosa succederà. La squadra ha cambiato abbastanza e trovo che questo sia anche bello, perché permette di conoscere meglio nuove persone, con nuovi equilibri da creare all’interno del sistema. È vero che, di fondo, con molti dei nuovi già ci conosciamo per esserci incrociati in campo, ma l’inizio della stagione servirà per approfondire questa conoscenza. In ritiro proveremo a trovare l’amalgama, ma sono convinto che, in un ambiente di lavoro piacevole come quello orogranata, ci troveremo bene fin dall’inizio. Mi auguro che il percorso possa essere divertente, pur sapendo che ci saranno sia momenti belli che momenti difficili. Ma mi ritengo fortunato di aver l’opportunità di poter essere qui. Pensare di giocare con la Reyer mi dà ancora grande carica e adrenalina".


Come la vedi la prossima stagione? "Sarà il percorso a fare i risultati. Sappiamo bene che, alla fine, vince solo uno, ma dobbiamo cercare di far sì che la nostra stagione sia "vincente" soprattutto come mentalità. Intendo dire che dobbiamo dare il massimo per essere competitivi ad alto livello, per riuscire ad esprimere una pallacanestro di un certo tipo. Ci vorranno tante vittorie, è innegabile, per divertirsi e per le motivazioni personali. E sappiamo che ci saranno squadre validissime, sia in Europa che in Italia. Ma le somme si tireranno solo nei momenti che contano. Il nostro impegno deve in ogni caso portarci a proporre la migliore versione di noi, a essere competitivi prima di tutto con noi stessi, divertendoci sia in campo che fuori".


Con la nuova formula dell’EuroCup, di sicuro serviranno poi ancor più energie… "Un format come quello adottato per questa stagione europea ha pro e contro. A me, personalmente, piace molto e ritengo che consenta di programmare meglio la stagione, anche dal punto di vista dell’organizzazione societaria. Certo, richiede uno sforzo maggiore da parte di tutte le componenti, comprese quelle dirigenziali e di staff. E porterà a lavorare in un modo diverso allenatori, preparatori e giocatori. Ma, in fondo, diventerà un po’ come giocare l’Eurolega".


Dalle tue parole filtra sempre grande entusiasmo ed ottimismo. "Certo, è importante essere positivi. Così come sul fronte del pubblico: mi auguro di poter finalmente rivedere il palazzetto con i tifosi sugli spalti, perché è stata veramente durissima, in questi lunghi mesi. All’inizio, con il primo lockdown, eravamo contenti della nostra condizione privilegiata, che ci permetteva di andare in palestra mentre gli altri erano costretti a casa. Ma la fortuna di essere lavoratori "diversi" non c’è più: facendo un paragone, anche noi adesso vogliamo tornare in "ufficio" con i nostri "colleghi". Che sono i tifosi e tutti coloro che ci sostengono dalle tribune".


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