Pancotto: Cantu? È una città che ha cuore, ingegno nel lavoro, valori solidi e orgoglio.

Pancotto ha risposto agli appassionati canturini con
disponibilità e cortesia

Dopo il grande successo della prima puntata "#AskHayes", in cui i tifosi biancoblù

hanno avuto l’occasione di sottoporre a Kevarrius Hayes domande e curiosità,

l’iniziativa social di Pallacanestro Cantù è tornata con il coinvolgimento del suo capo

allenatore, coach Cesare Pancotto, il quale ha risposto agli appassionati canturini con

disponibilità e cortesia, lasciandosi conoscere ancor più a fondo, non solo sotto il

profilo professionale ma anche personale. L’esperto tecnico marchigiano ha infatti

raccontato nel dettaglio i suoi ideali, i primi sacrifici fatti nel mondo della palla a spicchi,

per arrivare dalle Minors alla Serie A, giungendo infine per alla grande ammirazione che

nutre nei confronti di Cantù, sia come città sia come società cestistica. Di seguito il

resoconto dell’iniziativa denominata "#AskPancotto":

Domanda di @martinafriison

Se dovesse tirare le somme, pro e contro di quest’anno a Cantù?

«Abbiamo fatto un ottimo percorso, anche se i voti si danno alla fine»

Domanda di @stefanolorini

Il ricordo più bello di questa stagione fino a ora?

«La felicità negli occhi dei miei giocatori, dello staff, dei dirigenti e dei tifosi dopo la

vittoria nel derby contro Milano. Il selfie finale è stata la sintesi»

Domanda di @samu.tita03

Cosa ne pensa di Cantù e della Pallacanestro Cantù?

«È una città che ha cuore, ingegno nel lavoro, valori solidi e orgoglio. Ho, inoltre,

pensieri positivi per tutte le persone della Pallacanestro Cantù, che ringrazio»

Domanda di @stefano.canosa

Iniziare ad allenare non è facile, serve tanta gavetta. Come ha iniziato e come è arrivato

ad alti livelli?

«Ho iniziato a Porto San Giorgio perché amavo e amo fare l’allenatore. Ho messo e

seguito a mettere tutto me stesso per farlo. La gavetta è continua ed è determinante

come lo sono le motivazioni. Poi, l’ascolto dell’uomo, delle proprie motivazioni, la

capacità di evolversi con aggiornamenti continui. Infine, anche amore, passione ed

entusiasmo per contagiare gli altri»

Domanda di @piemahoney

Chi è il miglior giocatore che ha allenato?


«Ho sempre detto Darren Daye, che ho allenato a Siena, papà dell’Austin Daye che

gioca attualmente a Venezia. Tuttavia, sento di dover ringraziare uno a uno tutti i

giocatori che ho avuto l’onore di allenare»

Domanda di @guybrush30

Su quale aspetto è stato più complicato adattare dei rookie americani al basket

europeo?

«La mentalità: dare fiducia e certezza. Un giovane deve poter sbagliare e migliorare

attraverso gli errori, che non devono mai essere gli stessi. Fiducia significa

responsabilizzare, non colpevolizzare. Lavoro quotidiano sull’intensità, sulla

concentrazione e sulla conoscenza del gioco, soprattutto di stile europeo, italiano in

particolare. Diventare consistenti utilizzando fisicità e atletismo, in modo che sia utile

all’interno della partita. Inoltre, continue informazioni, costanti, sui giocatori da

affrontare»

Domanda di @alessandro_bossii

Secondo lei qual è l’aspetto più importante che una squadra deve avere per vincere la

Serie A?

«Organizzazione, struttura, progetto, mezzi e uomini. E ancora: chiarezza negli obiettivi,

nei ruoli, nelle responsabilità e nelle gerarchie, che devono essere molto chiare. Poi,

naturalmente, un canestro fortunoso può aiutare la crescita di tutti»

Domanda di @stefanolorini

La sua prima partita da allenatore?

«In Serie C, una partita che si giocava alla mattina, alle ore 11:00, tra le Forze Armate –

che a quel tempo disputavano il campionato – e la mia Porto San Giorgio»

Domanda di @samuel_sam_magni

I suoi ricordi più belli da allenatore?

«La nascita dei miei figli; la promozione con Porto San Giorgio, e tutte le altre; e le due

volte in cui sono stato nominato "Coach of the Year" in Serie A»

Domanda di@tina72rs

Che impatto ha questo stop allenamenti/campionato nella sua quotidianità?

«Ho aumentato la capacità di accettare la novità per il bene di tutti, perché bisogna fare

squadra e, praticando basket come sport di squadra, lo ritengo quindi un impegno da

mantenere e una volontà che desidero avere. Uso il tempo, inoltre, per migliorarmi e

per essere pronto quando, nel prossimo futuro, ripartiremo».



Fonte: ufficio stampa Cantù.

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