Olimpia Milano, la storia milanese di Vlado Micov

Vlado Micov è arrivato a Milano nell’estate del 2017. Aveva 32 anni. La percezione è che fosse arrivato un giocatore a fine carriera

(Fonte Olimpia Milano) Nel baseball si chiama "walk-off home run", è il fuoricampo che esegui all’ultimo inning, quello che chiude la partita senza dare possibilità all’avversario di rispondere. Nel basket, la cosa più simile è il canestro della vittoria segnato sulla sirena. In quattro anni all’Olimpia, Vlado Micov ne ha segnati tre. È successo contro Cremona, in campionato, dall’angolo destro. È successo a Venezia, un difficilissimo tiro frontale. Poi è successo a Valencia in EuroLeague, ancora un tiro frontale e persino, documentato dalle immagini, un gesto di esultanza, uno di quelli rarissimi cui Vlado si è lasciato andare raramente. "Sono così, una volta a Istanbul dopo aver vinto l’Eurocup in televisione mi hanno chiesto perché di queste reazioni fredde, ma non ho una spiegazione sono fatto così", dice. Eppure, se guardate bene, spesso Micov aveva piccoli gesti di soddisfazione, un pugno stretto, un segnale, ma quasi sempre dopo prodezze di un compagno, non sue. Negli occhi di tutti c’è quella reazione ai limiti dell’indifferenza dopo la stoppata con cui Andrew Goudelock salvò il risultato di Gara 5 della finale scudetto del 2018. 12.000 persone ebbre di gioia e uno immobile nell’angolo. "Sono stato un pessimo compagno di squadra", ammise. Ma senza crederci, perché in quel momento stava semplicemente riflettendo su due aspetti: l’Olimpia era stata fortunata a vincere quella partita e soprattutto quella prodezza di Goudelock non aveva ancora vinto lo scudetto per tutti. In quel momento lui pensava a Gara 6.


Vlado Micov è arrivato a Milano nell’estate del 2017. Aveva 32 anni. La percezione è che fosse arrivato un giocatore a fine carriera, reduce dal biennio di Mosca e poi un periodo al Galatasaray. Ma nei suoi primi due anni milanesi, Micov è stato uno dei giocatori più impiegati in assoluto in EuroLeague e ha fatto in tempo, nel suo ultimo anno all’Olimpia, di giocare la sua terza Final Four di EuroLeague. Ha vinto uno scudetto, ha vinto una Coppa Italia, ha vinto tre volte la Supercoppa. Ha giocato oltre 100 partite di EuroLeague, il secondo dopo Kaleb Tarczewski a tagliare quel traguardo. In EuroLeague nessuno ha segnato più di lui in maglia Olimpia. Contando l’era precedente, davanti è rimasto solo Bob McAdoo. Appena sessanta punti in più. Pur non essendo un individualista, anche se non avrebbe mai sacrificato una sola vittoria per un record personale, quella era una classifica in cui nell’ultimo anno aveva dato un’occhiata. In qualche modo ci teneva. Così come, nell’unica concessione narcisistica della carriera, era contento di essere stato soprannominato "Il Professore". "Sottintende che gioco in modo intelligente ed è una cosa che mi rendo orgoglioso", dice.



Vlado viene da Belgrado, ha avuto un passato importante nelle giovanili della Nazionale serba, l’oro europeo Under 16 nel 2001 e il bronzo Under 20 nel 2005. È passato attraverso diverse esperienze, le giovanili del Beopetrol Belgrado poi Nova Pazova, OKK Belgrado, Buducnost in due momenti diversi vincendo due titoli montenegrini e tre coppe nelle stagioni decisive della sua evoluzione, e il Partizan dove ha conquistato il titolo serbo. Il suo percorso non è stato lineare: nel 2009 fu ceduto al Panionios Atene, poi ha giocato anche a Vitoria ma senza trovare stabilità. Così la svolta c’è stata a 25 anni, forse più tardi del previsto, con l’arrivo a Cantù, stagioni importanti, l’EuroLeague. In sostanza ha fatto un passo indietro per poi muoverne due avanti. Da Cantù è volato addirittura al CSKA Mosca giocando due volte le Final Four di EuroLeague. Era al top del movimento europeo, era uno starter (nel secondo anno aveva il 48.8% da tre, il massimo in carriera). Dopo il CSKA, è andato al Galatasaray per altri tre anni, vincendo un Eurocup nel 2016 (ed è stato incluso nel primo quintetto All-Eurocup della competizione).


Dopo i quattro anni di Milano, Micov ne ha fatto un ultimo al Buducnost, dove la sua carriera ad alto livello era cominciata. Poi si è ritirato. Da allora non è mai tornato a Milano da avversario. Non è stato possibile tributargli il giusto riconoscimento, come è stato per Sergio Rodriguez ad esempio. La partita con l’Olympiacos sarà l’occasione di festeggiarlo per quello che ha fatto e soprattutto per come lo ha fatto.


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