Moraschini: Testa bassa a lavorare ed ascoltare. Così sono utile all’Olimpia
Moraschini al suo secondo anno a Milano
Riccardo Moraschini, quando era nel settore giovanile della Virtus Bologna, era considerato un predestinato, il giocatore con più potenziale tra tanti talenti destinati alla Serie A come minimo (con lui hanno giocato, non tutti assieme, tra gli altri Michele Vitali, Filippo Baldi Rossi e Alessandro Gentile di un anno più giovane). Era stato il primo ad essere lanciato in prima squadra, anche ad alto livello, poi qualcosa si è spezzato, complice un infortunio catastrofico dal quale è riemerso più forte di prima. Moraschini ha ritrovato sé stesso e il suo talento più tardi del previsto, ma non troppo tardi ed ora è una pedina importante dell’Olimpia, con minuti preziosi spesi anche in EuroLeague.
I SUOI INIZI – "E’ stato importante crescere con compagni forti, a quel livello, in un settore giovanile come quello della Virtus Bologna che ha mandato giocatori ovunque, nella NBA, in EuroLeague, in Serie A. E’ stato importante potersi allenare tutti i giorni con gente di alto livello, ascoltare tecnici di alto livello come Marco Sanguettoli e per sei-sette anni Giordano Consolini. Fin da piccolo è stato fondamentale per la mia crescita sia come giocatore che come persona".
LA PRIMA PARTE DELLA CARRIERA – "Sono stato fortunato a trovare un coach come Stefano Pillasttrini che mi ha lasciato subito nel campionato italiano, anche in EuroLeague, e ho avuto spazio. Tutti i giovani dovrebbero avere la fortuna di trovare la persona giusta, al momento giusto, e nel posto giusto. Io ho trovato questa situazione molto presto, poi mi sono un po’ smarrito e ho dovuto anche ricominciare daccapo. Sono sceso in A2 perché in Serie A non avevo trovato spazio, avevo anche provato a cambiare, andando a Roma. Cercavo la continuità di minutaggio di cui avevo bisogno, di cui un ragazzo giovane, in crescita, ha bisogno. In A2 mi sono rifatto le ossa, ho cercato di divertirmi, stare tanto in campo e trovare più spazio possibile. Mi sono anche rotto il crociato a Trento, quindi ci sono stati tanti alti e bassi. Poi a Brindisi mi sono trovato finalmente nel posto giusto, con un allenatore che mi ha dato fiducia come Frank Vitucci, una società che ha creduto in me".
LA SCELTA DI RIPARTIRE DALLA A2 – "E’ stata una scelta che credo coraggiosa, perché avevo proposte in Serie A, ma ho scelto di tornare a Mantova, venivo da un brutto infortunio, e volevo continuità, fiducia in me stesso, sicurezza nel fare le mie cose. Era la cosa più importante, ritrovare i propri mezzi. E’ stata una scelta che ha pagato, perché mi ha permesso di andare a Brindisi dove c’era un progetto su di me, c’era fiducia, e un’idea".
L’ANNO DI BRINDISI – "E’ scattato qualcosa in testa, in termini di fiducia nel fare quello che avevo sempre fatto e sapevo fare. Divertirmi, giocare con spensieratezza e farlo naturalmente, quello che per anni avevo smesso di fare per motivi diversi"
IL RUOLO – "Negli ultimi due anni, vengo visto più da playmaker o guardia o ala. La mia fortuna è quella di avere la possibilità, grazie alle caratteristiche fisiche e anche tecniche, di ricoprire tre ruoli ed essere utile alla squadra in tante cose. Anche Messina mi vede più playmaker piuttosto che ala, ma poter giocare tre ruoli mi permette di aiutare di più la squadra, essere più presente".
Fonte: Ufficio stampa Olimpia Milano.