Massimo Masini, oggi 79 anni, è stato capitano del Simmenthal degli anni ’60 e ’70 vincendo una Coppa dei Campioni, due Coppe delle Coppe e quattro Scudetti. Ecco le sue parole a La Gazzetta dello Sport nel giorno del ritorno dello storico marchio sulle canotte biancorosse.
SUL SIMMENTHAL
«La squadra era conosciuta più della carne in scatola, fu una delle ragioni per cui i figli del fondatore Gino Sada tolsero a malincuore l’abbinamento».
SU GINO SADA
«Andava da Monza a Milano con il carretto e poi ha costruito un impero. Veniva in sede e voleva giocare a boccette a soldi. Anche 1000 lire, che ai tempi erano una bella cifra. “Masini, venga che la sdraio”, diceva. Vincevo io e voleva sempre la rivincita».
SUL SUO AMORE PER MILANO
«La parte più bella della mia vita, dai 15 ai 30 anni, l’ho passata a Milano. Quei colori, la squadra, l’ambiente restano nel cuore per tutta la vita».
SUL BASKET DI OGGI
«Non mi piace tanto. È atletica, spettacolare, schiacciate e stoppate. Come il circo Togni col trapezista e il triplo salto mortale. Ma ho vissuto un’altra epoca, la digerisco male. Le società non hanno identità propria, non c’è quello spirito che ogni squadra esprimeva. Ignis, Virtus, Cantù, noi: si creava una sinergia particolare con l’ambiente, i dirigenti, chi andava in campo attingeva a questo e giocava di conseguenza. Ora vista una partita, le hai viste tutte».
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