Massimo Bianchi: Conobbi il piccolo Kobe, già allora voleva essere un Laker

Massimo Bianchi, coach di Olimpia Lumezzane in C Gold, alla Viola Reggio Calabria giocò con Joe Bryant, padre di Kobe

Massimo Bianchi, coach di Olimpia Lumezzane in C Gold, alla Viola Reggio Calabria giocò con Joe Bryant, padre di Kobe. Ecco le sue parole a bepitv.it:

SUL GIOVANE KOBE

Dopo il ritiro, nel pre-campionato, ci trasferimmo al palazzetto per continuare gli allenamenti che ci avrebbero condotto alla prima giornata di campionato. Joe arrivò con la famiglia e, quindi, anche con Kobe. Lui era presente ad ogni allenamento e sfruttava ogni pausa possibile ed immaginabile per correre in campo a tirare. Ogni singola pausa. Palleggiava nel tunnel, mentre noi eravamo in campo e, quando udiva che i palloni non stavano sbattendo sul parquet, ecco che arrivava come un fulmine in campo

SULLA VOGLIA DI ESSERE LAKER

Ricordo che venivano disputati dei tornei, in cui le varie squadre assumevano il nome delle franchigie NBA, e a questi tornei partecipava anche Kobe. Nonostante fosse legatissimo alla sua città, Philadelphia, lui aveva in mente in modo molto chiaro la squadra del suo cuore. Los Angeles, sponda Lakers. Sceglieva sempre quella

SUL SUO RAPPORTO CON IL BASKET

Secondo me i caratteri del giocatore di successo erano già tutti presenti. Si vedeva dalle sue movenze, dallo stile con cui faceva ogni singola cosa. Il confronto con il figlio di Kim Hughes sorgeva spontaneo. Giocava con Kobe e lo vedevamo in campo con lui. Il figlio di Kim dava del voi al pallone, come la maggior parte dei ragazzini a quell’età e come diversi giocatori che nel 2020 giocano anche in Serie A. Kobe non aveva nemmeno 10 anni e dava già del tu al pallone con una naturalezza disarmante. Alle partite di Reggio Calabria, davanti a 4000 persone, incitava il papà come facevano i grandi, dominando il palcoscenico. Non provava alcuna vergogna quando scendeva in campo durante l’intervallo delle partite della Viola. Era totalmente a suo agio