“Io, Nico Mannion, vi racconto quando conobbi Kobe”
L’intervista di Nico Mannion al sito ufficiale di Olimpia Milano
"Ero piccolo, piccolissimo. Vivevamo a Salt Lake City. Erano i playoff. I Lakers vinsero la partita e chiusero la serie contro i Jazz. Dissi a mio padre che avrei voluto conoscere Kobe Bryant. Mi suggerì di aspettarlo nel tunnel, da dove escono, perché sarebbe passato di lì. Disse anche che Kobe conosceva l’italiano e se gli avessi detto qualcosa in italiano forse avrei attirato la sua attenzione. Fu così. Si fermò qualche minuto, mi prese in ginocchio. Non parlammo di basket, ma di vita. Mi chiese come andavo a scuola, mi chiese se ascoltassi i consigli dei miei genitori. È un episodio piccolo, ma me lo porterò dentro per sempre". Nico Mannion non dimenticherà mai quel colloquio con uno dei suoi grandi eroi. I Lakers dal 2008 al 2010 hanno giocato tre serie consecutive contro i Jazz e le hanno vinte tutte. Nico era piccolo, non era ancora un giocatore, forse cominciava a sognare di esserlo. "Non ho mai avuto dubbi sul basket, ma da piccolo ho giocato a tutto, ho provato il football, il baseball, il calcio e naturalmente vista la carriera di mia madre la pallavolo. Ma ho scelto il basket perché era più divertente. Quando sei piccolo non pensi che diventerai un professionista, penso solo a divertirti giocando. Io mi sono divertito tanto".
Non ci sono dubbi che Nico Mannion abbia i geni giusti. Il nonno Terry Mannion è stato un apprezzato allenatore di basket a livello liceale nella zona di Las Vegas. I tre figli di Terry sono diventati tutti atleti. John Mannion ha giocato a football alla Brigham Young University; Greg Mannion ha giocato a baseball a Cal-State Fullerton e nelle leghe minori. E poi c’è Pace Mannion, il più gracile dei tre, ma alla fine del processo di sviluppo, con i suoi 201 centimetri anche il più alto.
"La cosa più bella è stato vedere come certi campioni lavorano ogni giorno. Tutti possono vedere le partite, ma vedere ogni giorno da quando arrivano a quando vanno via come lavorano ti fa capire perché Steph Curry è uno dei più grandi giocatori di sempre; perché Klay Thompson è uno dei più grandi tiratori del mondo; perché Draymond Green è un campione", racconta. Alla fine di quella stagione, Mannion ha vestito la maglia azzurra al Preolimpico di Belgrado, realizzando una delle più grandi imprese della Nazionale italiana. Batterono la Serbia e conquistarono il pass per i Giochi Olimpici di Tokyo. Nico era lì, perché anni prima aveva scelto di giocare per l’Italia.
"Ero stato convocato ad un training camp con la Nazionale Under 16 americana. Fui uno degli ultimi due giocatori tagliati. L’anno dopo mi chiamò l’Italia e mi richiamarono anche per giocare negli Stati Uniti. Ma a quel punto avevo deciso: sarei stato un giocatore dell’Italia. Di lì a poco ho anche esordito nella Nazionale maggiore", ricorda. Prima ci fu addirittura una partita da 42 punti contro la Russia, in Montenegro. Grazie a quel taglio e quella decisione, Mannion ha guidato gli azzurri alla vittoria di Belgrado, una partita speciale. "È stata una delle soddisfazioni più grandi da giocatore. Non credevo di emozionarmi così. Vedendo gli allenatori, i compagni, i tifosi che c’erano, le nostre famiglie, mi sono emozionato. Vincere, insieme a loro, è stato fantastico".
Dopo le Olimpiadi, è arrivato in Italia, prima tappa Bologna: "In generale mi piace giocare in Europa. Per me non è come per altri giocatori americani che magari si sentono spaesati. Io mi sono sentito subito a mio agio. In questi tre anni ci sono stati tanti alti e bassi, com’è normale che sia, penso però di essere maturato tanto e adesso sono contento di avere questa opportunità. Bologna è stata un’esperienza difficile soprattutto il primo anno quando ho avuto problemi fisici. A Baskonia, è stato un periodo di "basso" del mio percorso, ma a Varese ho ritrovato non tanto forma e ritmo, ma la gioia di giocare grazie a quel tipo di atmosfera, all’allenato, ai compagni di squadra, è stato divertente, e questo mi ha dato questa grande opportunità di arrivare a Milano".
Per due anni, a Bologna, è stato avversario dell’Olimpia in finale scudetto. "L’Olimpia è una società che ha una grande storia. Lo vedi subito appena entri in sede e passi attraverso tutti i trofei. Sono sempre fortissimi. Li ho incontrati due volte in finale e hanno sempre vinto loro. Poi si sono ripetuti anche l’anno dopo. È questa cultura vincente che mi colpisce. Poi ovviamente la società è seria, organizzata, tutti sono attenti ai dettagli. Imparare da un allenatore come Ettore Messina è ciò che voglio fare".