Gli scudetti dell’Olimpia Milano nei playoff: nove finali da ricordare

L’Olimpia giocherà da mercoledì la ventesima finale della propria storia

L’Olimpia giocherà da mercoledì la ventesima finale della propria storia (cui andrebbero aggiunti cinque spareggi, tutti giocati contro Varese di cui tre vinti, nel 1962, nel 1966 a tavolino, nel 1972 e due persi, nel 1971 e nel 1973). Nove delle 19 finali precedenti le ha vinte. Eccole.


1982: OLIMPIA-PESARO 2-1


Dopo un’attesa di dieci anni l’Olimpia torna a vincere lo scudetto, il primo nell’era playoff. Negli anni precedenti aveva perso una finale con la Virtus e una semifinale al secondo supplementare in casa contro Cantù. L’estate precedente aveva acquisito da Gorizia il bomber Roberto Premier ma soprattutto Dino Meneghin da Varese, due acquisti decisivi negli anni successivi. Dopo una regular season travagliata a causa anche di tanti infortuni, il Billy cambiò marcia con il rientro di Meneghin e non si fermò più. In finale, vinse a Pesaro Gara 1 e poi completò l’opera a San Siro in una combattutissima Gara 2 in cui Mike D’Antoni devastò la star pesarese Dragan Kicanovic – che il coach croato Petar Skansi tenne in panchina per tutto il primo tempo, una scelta che ancora oggi non è mai stata chiarita del tutto – con la sua difesa. John Gianelli eseguì la stoppata decisiva su Mike Sylvester, un ex, e lo scudetto tornò a Milano. "Kicanovic mi voleva uccidere dopo gara 1 ma io avevo alle mie spalle Meneghin. Successe di tutto anche in spogliatoio e poi Skansi non lo fece giocare per tutto il primo tempo", racconta D’Antoni. Ma l’immagine-simbolo del primo scudetto, "quando – dice sempre D’Antoni – mi tolsi un peso dalle spalle perché stavo cominciando a soffrire", fu la stoppata di John Gianelli su Sylvester. Per Gianelli, criticatissimo all’inizio, fu una grande rivincita. Quella squadra aveva cinque giocatori su dieci prodotti dal settore giovanile e un sesto, Vittorio Ferracini, che era arrivato a Milano a 16 anni.


1985: OLIMPIA-PESARO 2-0


Dopo altre due finali perse in modo discusso a Roma e contro la Granarolo Bologna, l’Olimpia si prende lo scudetto con una squadra irresistibile che sfrutta l’esplosione nella seconda metà dell’anno di Russ Schoene e l’arrivo di Joe Barry Carroll che convince Coach Dan Peterson a cambiare assetto rinunciando a Wally Walker, un esterno, per un centro in più (nel frattempo era ritornato Renzo Bariviera via Cantù) da schierare accanto a Dino Meneghin. Il talento di Carroll era irreale per l’Italia. Contro Torino, in semifinale ad un certo punto mise nove tiri di fila improvvisando un clinic di movimenti in post basso, tiri dalla media, ganci spettacolare. Il suo arrivo costrinse Meneghin a fare da gregario ma a Meneghin interessava solo vincere e sapeva che con Carroll l’avrebbe fatto. Nei playoffs, Milano vince tutte le partite e diventò la prima a completarli imbattuta. L’ultimo atto si consumò a Pesaro, senza le incertezze di tre anni prima.



2018: OLIMPIA-TRENTO 4-2


L’Olimpia chiude la stagione regolare al secondo posto dietro Venezia, ma nei playoff elimina Cantù, poi Brescia dopo aver perso Gara 1 in casa e in finale protegge il fattore campo e domina Gara 6 a Trento. La partita chiave però è la quinta in cui una battaglia corpo a corpo, tipica di una serie molto fisica, è risolta da due tiri liberi di Curtis Jerrells e poi dalla stoppata rimasta storica di Andrew Goudelock su Dominique Sutton a proteggere il successo. Fondamentale anche l’apporto dei due lituani, Mindaugas Kuzminskas e Arturas Gudaitis.


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