Gli arbitri FIBA Marziali e Giovannetti in prima fila contro il coronavirus

Le vite di tantissime persone al mondo sono state rovesciate per la pandemia da COVID-19, e specialmente in Italia, una nazione dove ci sono stati 100,000 casi confermati della malattia e oltre 11,000 morti

Le vite di tantissime persone al mondo sono state rovesciate per la pandemia da COVID-19, e specialmente in Italia, una nazione dove ci sono stati 100,000 casi confermati della malattia e oltre 11,000 morti.

Per i due arbitri FIBA, Silvia Marziali e Guido Giovannetti, la crisi li ha portati lontani dai campi di basket, con tutte le partite fermate nel paese da circa un mese. Entrambi hanno riversato la propria attenzione sulla loro primaria occupazione: medici impegnati nella lotta contro il coronavirus.

“Ora la situazione è davvero difficile e cambia ogni giorno”, ha detto Giovannetti, un arbitro FIBA dal 2017. “Il governo chiede sempre maggior aiuto dai medici. Nel mio caso, sto lavorando all’ospedale di Bari: se precedentemente ero nel reparto cardiologia, ora sono stato spostato in un dipartimento diverso per i pazienti COVID-19.”

“Il problema maggiore è che non conosciamo quando finirà, perché in alcune parti d’Italia, come in Lombardia, forse la situazione è già al suo picco, mentre la nostra paura è che al sud il calo non si stia vedendo. Forse le persone che si sono spostate da nord a sud hanno diffuso il contagio. Semplicemente non lo sappiamo, ma i numeri dicono che stanno aumentando”.

Marziali invece vive a Roma, dove ha studiato medicina e ha scritto la propria tesi in cardiologia.

Marziali lavora in un ospedale della sua città di origine, Fermo, e per l’Ambulanza a Roma. Di recente, sta lavorando con il ministro della salute a Civitavecchia, la città portuale di Roma.
È pronta a fare qualsiasi cosa serva per combattere questa pandemia.
“Quando diventi un dottore, fai una promessa,” ha detto, “e onori quella promossa ogni volta che lavori, specialmente quando c’è un’emergenza. Fai un giuramento per aiutare gli altri”.

Il peso che grava su ospedali, medici e tutto ciò che è collegato ai servizi sanitari è stato enorme in Italia.
“Quando è iniziato il contagio, volevo davvero essere d’aiuto,” ha detto Marziali. “Non importava come. Qualsiasi cosa avessi potuto fare, l’avrei fatta. Non importa se ci fosse stato bisogno di andare al nord, dove c’è una catastrofe. Molti di noi hanno dato l’OK per andare ma non posso firmare l’accordo per farlo, dal momento che faccio parte dello staff qui a Roma.
“Il lavoro è sempre difficile, ma ora hai molta più paura perché puoi infettarti e portare il contagio alla tua famiglia,” continua Marziali.

L’equipaggiamento di cui si devono dotare Giovannetti e colleghi include maschere, speciali tute, scarpe e guanti. Al termine del turno, deve essere disinfettato mentre toglie ogni indumento.

Giovannetti dice questo sulla possibile esposizione al virus: “Certamente ci sarà sempre un po’ di paura, ma vale lo stesso per quando sto arbitrando: bisogna stare calmi e sereni perché devi affrontare la paura, non hai altra scelta. In più, se ci sono alcuni problemi con tutte le uniformi che devi indossare per il contagio, devi affrontarli, anche se non è confortevole.”

Giovannetti, che ha studiato medicina all’Università di Perugia e ora è al secondo anno di specializzazione, ha seguito le orme dei suoi genitori.
“I miei genitori sono entrambi medici ma non mi hanno obbligato a diventare medico, è stata una mia scelta”, ha detto. “Dalla giovane età, però, è stato il mio sogno di diventare un medico, di lavorare per e con pazienti e di aiutare le persone. Ho sempre voluto essere importante per i pazienti ed offrire più della semplice terapia e medicina. Voglio avere un vero scambio di pensieri e sentimenti con loro.”

Sia Marziali, il cui padre è lui pure un medico, che Giovannetti dicono che il basket offra loro più equilibrio nella vita quotidiana.
“Sono chi sono per quello che faccio sia nel basket che in medicina,” ha detto Marziali. “Cercherò sempre di tenere in equilibrio questi due aspetti della mia vita. Queste sono le mie due passioni e non posso seguirne solo una e non l’altra.”

Marziali dice che il basket la definisce come persona, e in qualche modo la aiuta nel suo approccio complessivo alla vita.
“Il basket mi ha dato la possibilità di avere una mente aperta, di sfidarmi, di migliorare come persona, di avere devozione,” ha detto. “Grazie a FIBA, ho davvero scoperto l’Europa, incontrato un sacco di persone nuove da paesi diversi, e questi sono due aspetti molto rilevanti per me. FIBA mi ha aperto la mente sempre di più. Mi ha aiutato ad essere una persona migliore. Non posso essere la stessa persona senza il basket, questo è sicuro.”

“Il basket è una passione enorme per me, e lo sport in generale. È molto importante avere un buon equilibrio tra l’attività sportiva ed il lavoro,” ha detto Giovannetti. “Alla base di tutto c’è la necessità di trovare un buon equilibrio nella propria vita. Credo che ognuno dovrebbe avere una passione al di fuori del lavoro da perseguire.”

Entrambi arbitrano nei campionati nazionali in Italia ma anche in numerose competizioni FIBA.

Infatti, Marziali ha fatto la storia diventando il primo arbitro donna nella storia italiana a diventare arbitro internazionale nell’ottobre del 2017, a 29 anni, quando proprio due giorni dopo essersi laureata in medicina, è volata a Girona in Spagna per arbitrare una partita di EuroCup Women.

Prima che Marziali e Giovannetti possano ritornare sui campi da basket, però, saranno impegnati in una battaglia molto più importante. Lotteranno per salvare vite umane.

Fonte: FIBA.