Gherardini: EuroLeague? Una decisione sofferta, sugli schermi si vedeva la sofferenza delle persone

Gherardini: “Efes-Fener ai playoff di Eurolega? Sarebbe stato bellissimo, ma saremmo dovuti arrivare ottavi, invece io credo sarebbe arrivati un più in alto"

E’ tornato a varcare virtualmente le porte della casa di Maurizio Gherardini il team di Cantieri Aperti 365 che nella sua video-chiacchierata ha analizzato con il General Manager del Fenerbache l’attuale momento della società turca dopo lo stop dell’Eurolega, facendo anche un tuffo nel passato con alcuni ricordi della sua epopea trevigiana.
“L’Eurolega ha fatto tutto il possibile per cercare di salvaguardare la salute dei protagonisti, ma anche per cercare di portare avanti la competizione. Un peccato perché era stata sicuramente la stagione più bella ed equilibrata di questi 20 anni. Non si poteva prendere una decisione diversa, però. Nella “call” ci è stata messa davanti un’analisi molto dettagliata di tutti i paesi, ci sono paesi i cui confini non possono ancora essere valicati per oltre un mese. Una decisione sofferta, sugli schermi si vedeva proprio la sofferenza delle persone coinvolte.”
Così il general manager può dunque fare un bilancio della stagione della sua squadra: “Sapevamo che l’inizio sarebbe stato duro. Tra i infortuni ai lunghi, reduci dei Mondiali, nuovi giocatori importanti da integrare. Così siamo stati altalenanti, ma con un paio di innesti invernali avevamo raggiunto un equilibrio diverso e poi con il rientro di Vesely stavamo definitivamente iniziando il recupero. Infatti eravamo rientrati nella zona playoff e anche in Turchia abbiamo vinto la Coppa. Avevamo la sensazione che stessimo raggiungendo l’equilibrio che avevamo sognato in estate”.
E si lascia andare ad una battuta: “Efes-Fener ai playoff di Eurolega? Sarebbe stato bellissimo, ma saremmo dovuti arrivare ottavi, invece io credo sarebbe arrivati un più in alto”.
Questi i suoi Oscar della stagione: “L’MVP lo darei a Shane Larkin. Sicuramente il giocatore più costante ai massimi livelli, ha fatto delle prestazioni difficilmente comparabili ad altri giocatori. L’unico, seppur in un ruolo diverso, un po’ paragonabile è stato Nikola Mirotic. Inoltre mi è piaciuto come è stato molto più costante rispetto al solito Chris Singleton, che non aveva mai reso a questi livelli di continuità. E’ stata una delle chiavi della stagione di quell’Efes che è stata certamente la squadra più costante”.
Poi il dirigente fa un paragone tra l’Italia e la Turchia: “Anche qui la stagione è molto logorante, forse addirittura di più. Non tanto per la qualità che è simile, ma per la pressione e la competitività il campionato turco non ti lascia mai respirare. Bisogna essere sempre molto bravi ad indovinare i 5 stranieri da schierare sennò rischi facilmente di perdere e ci è capitato più di una volta quest’anno”.
Quello che sarà il futuro è nebuloso: “Credo che attualmente non tutti i club siano in grado di valutare pienamente l’impatto di questa emergenza su budget dei prossimi due anni. Ci sono problematiche che non hanno ancora risposta, ad esempio il pubblico o gli sponsor. Credo che ci vorrà almeno tutto giugno per capire esattamente quanto le realtà delle singole squadre saranno impattate da questa situazione”
Gherardini invita ad una riflessione sulla situazione: “Cercare di pensare al prodotto e capire cosa non va. La realtà è che anche prima del virus comunque stavamo gestendo un modello di sport che non era sostenibile rispetto alla ratio costi-ricavi. Per diventare più forte devi trovare modelli sempre più sostenibili”.
Facendo un salto nel passato la mente va a due personaggi che, in diversi tempi, fecero grande la sua Treviso: Toni Kukoc e Mike D’Antoni.
Del croato si ricorda praticamente tutti i giorni: “Non fosse altro perché ho la sua canotta in studio e vivo nella casa in cui lui abitò in quegli anni. In 40 anni di basket non mi viene in mente un altro talento così puro. Un giocatore di una versatilità pazzesca, in grado di giocare qualsiasi posizione sul campo, con un “Basketball IQ” così elevato da anticipare le decisioni dei compagni”.
Mentre con il coach i ricordi arrivano anche prima dei tempi di Treviso: “Perché in realtà anche a Forlì avevo provato a convincerlo a cominciare la carriera da coach. Mi ha sempre affascinato il suo modo di discutere il basket, mi piaceva il suo modo di dare responsabilità ai giocatori, essere un allenatore capace di mettere il giocatore nella condizione ideale di potersi esprimere. L’inizio fu complesso, una sola vittoria in 7 partite, poi però iniziò a funzionare tutto con il suo basket rapido e spettacolare. Non è stata una sorpresa che sia riuscito a diventare un coach a un livello differente anche se forse nemmeno lui forse avrebbe pensato poi di fare questa carriera in NBA”.
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Fonte: Cantieri Aperti.