Datome dice 200 con l’Italia: “Ho sempre voluto esserci”
Da Manila, lunga intervista per il capitano con i media italiani alla vigilia di Italia-Portorico, la duecentesima presenza in Nazionale
da Manila, Filippine – Italia-Portorico è la partita da "win-or-go-home" che determinerà il futuro azzurro alla FIBA World Cup 2023. Allo stesso tempo, però, sarà la presenza numero 200 con l’Italbasket di capitan Luigi Datome, che diventerà l’undicesimo nella storia del basket italiano a tagliare tale traguardo. Lo stesso Datome, alle ultime apparizioni di una carriera ricca di soddisfazioni e trofei, ha parlato delle sue emozioni e sensazioni alla vigilia in una lunga intervista concessa ai media italiani presenti a Manila per seguire il Mondiale: "È un bellissimo traguardo, arrivarci non è scontato. Ho fatto tanti estati, non ho avuto fortuna vincere come quelli del gruppo ristretto davanti. Ci sono sempre stato, ci ho sempre provato e il risultato di questo è la dedizione che ho dato alla Nazionale. A tanti di quei dieci non allaccio neanche le scarpe: Meneghin ho avuto la fortuna di conoscerlo, è la pallacanestro italiana, Riva, Brunamonti e Marzorati pure, sono i padri fondatori del nostro basket. Stare in quel gruppetto significa che ho fatto qualcosa. Dal 2001 ogni estate voleva dire Nazionale: clima familiare, molte più estati con che senza. Qualche vittoria con le Giovanili, che in quel momento ti senti il tetto del mondo. In gruppo è sempre stato bello ritrovarsi, provarci e esserci. Sono fortunato a farlo a 35 anni, non è da tutti".
L’importanza di tagliare tale traguardo in una partita decisiva: "Un ottavo di finale. È meglio, così non penserò alle 200 ma alla partita. La sfida di Ravenna per me è stata difficilissima: è stata una festa, ero distratto da mille cose. Meglio così, per pensare alla partita. So che raggiungerò un traguardo, ma domani penserò a una partita stra-importante che non ha bisogno di presentazioni".
Sul bagaglio azzurro, fatto di giocatori e allenatori: "Ho avuto 95 compagni in nazionale: alcuni per poco tempo, ma ognuno ti lascia qualcosa. Penso a quelli con un legame forte come Nic (Melli), Peppe (Poeta), Mordente o Cusin, che hanno trascorso tante estati con me. Tra gli allenatori tutti mi hanno dato qualcosa. Charlie (Recalcati) è stato il primo a portarmi; con Simone (Pianigiani) sono passato dal non giocare all’essere importante; con Messina ero già il capitano e un giocatore di riferimento; con Meo e Poz (Sacchetti e Pozzecco) ero già nella parte calante della mia carriera ma anche loro mi hanno rispettato e fatto sentire importante. Con tutti loro ho piacere di ricordare quegli anni".
In azzurro, dice Datome, è arrivato anche il momento della svolta: "L’estate 2012 è stata cruciale, perché si è trattato della prima in cui ho avuto un ruolo importante con la Nazionale. Ha preceduto la stagione di Roma con l’MVP, la NBA… C’è stato un cambio di passo in quell’estate lì e in particolare nella partita di Sassari (contro la Turchia, ndr), non è stata un’estate storica per la Nazionale ma per me si è trattato della svolta".
Cosa lascia l’azzurro: "La felicità di giocare in Nazionale: obiettivo ritagliarsi momenti, sempre stata centrale nella mappa della mia carriera. È diverso esserci, stai via per un mese a stretto contatto coi compagni, se non c’è un bel clima è difficile stare bene insieme. Con gli anni perdi anche dei momenti personali in cui dovresti stare vicino alle tue persone, e sono mesi anche in cui i giocatori sfruttano il tempo per essere pronti in stagione. È una cosa bellissima che ti dà tanto ma ti toglie, l’unica estate che non ho fatto mi ricordo quanto mi dispiaceva non esserci".
Lo spirito e l’atmosfera della squadra azzurra: "Questa complicità e questo stare bene insieme è difficile trovarlo in un club: nei tempi liberi, durante la stagione, uno prova anche a stare per contro proprio con la famiglia, specie quando gioca tante partite. Qua condividiamo tutto, un bel gruppo così è difficile trovare in un club. Siamo tutti italiani, parliamo tutta la stessa lingua. Non è facile trovare un’alchimia del genere in una squadra di club: non è l’unica cosa che ti fa vincere, ma ti fa andare in campo con leggerezza".
Un pensiero anche alla sfida contro la Serbia: "La 199 è stata una serata bella, nel primo tempo avevo fatto male con due falli stupidi. Mi sarebbe pesato avere fatto una brutta partita che poteva pesare sulla squadra. Sono riuscito a dare quel break che ci ha rimesso in partita, quindi ne avrò un bellissimo ricordo. Speriamo che possa essere importante per il passaggio del turno: intanto siamo tornati padroni del nostro destino, non è cosa da poco. Loro sono stati sempre più forti, ma nel basket di adesso hai possibilità con tutti se fai la tua partita e te la giochi. La Serbia più completa era quella di Berlino: ma negli altri due casi era comunque una squadra fortissima piena di giocatori di alto livello.. Bella la pallacanestro per quello. La possibilità te la crei, la pallacanestro è questa. Non è scontato, nel basket di oggi, arrivare in fondo: tutti stanno migliorando, ogni nazionale va avanti e migliora tantissimo. Bisogna essere sempre pronti, competitivi, informati e in grado di programmare".
La Nazionale e le sue storie da raccontare: "Ogni giocatore ha una storia. Diouf è arrivato a 4 anni a Reggio Emilia; Procida e Spagnolo sono giovani con un futuro brillante e ci ricorderemo di questa loro prima estate in azzurro. Melli ha una storia incredibile; Ricci una carriera clamorosa, si è laureato in matematica e fa anche attività sociale. Fontecchio a momenti non aveva mercato in Italia, va all’estero e guardate chi è diventato. Polonara sembrava lo stesso, cambiava una squadra all’anno e ora è un giocatore importante che è rispettato in Eurolega. Severini era in A2, oggi è qui con merito. La mia storia era facile, anche queste sono storie da raccontare. Ognuno ha la storia, dovete essere bravi a raccontarle queste storie perché lo meritano. Ognuno merita che sia raccontata la sua storia. Spero che dopo il Mondiale ci sia tempo per raccontare queste storie, anche quelle dei ragazzi che non sono qui. Spissu è andato via dalla Sardegna, dormiva in palestra a Bari ed è diventato il play titolare della Nazionale che ha battuto la Serbia, non mi dimentico di Tonno (Tonut) e Pajo (Pajola) che entra e ci dà una sicurezza incredibile. Un difensore così non l’ho mai visto: fa le cose che bisogna fare per vincere. Il basket, come veicolo per diffondere messaggi, ha potenzialità infinite".
Un tema che tiene sempre banco è quello degli italiani che si affermano all’estero. Qualcosa che ha riguardato anche la carriera di Datome: "Vedere il mondo da un altro punto di vista, stando cinque anni in Turchia, mi ha dato altri occhi e un’altra prospettiva. Non è vero che all’estero tutto è bello e in Italia non va bene niente. Tanti di noi si sono consacrati all’estero, ma anche tanti serbi giocano fuori dal loro paese. Non è detto che il movimento va male se i nazionali vanno all’estero, ci sono tante cose. Strutture, bacini d’utenza, iscritti, passione: non è detto che se hai giocatori all’estero vuol dire che le cose non funzionano. Spagnolo ha avuto opportunità di giocare da titolare in Eurolega e ha fatto bene ad andare. I casi sono diversi e non bisogna fare di tutta l’erba un fascio. In Italia ti prendono perché credono nel tuo valore ma soprattutto perché sei un italiano, all’estero non guardano al passaporto ma cosa puoi dare alla squadra. Se un italiano vede che è trattato come tale e non come il Tonut di Venezia o il Pajola di Bologna, se vengono presi per la quota, non va bene per la crescita: perché, a quel punto, non provarci all’estero?"
La conversazione si chiude con un pensiero per Gianmarco Pozzecco: "Crede tanto in questa armonia, crede in un rapporto rispetto di fiducia e collaborazione. È stato giocatore, è unico, non ho mai avuto mai un allenatore così. Di solito c’è un filtro: con lui ci diciamo tutto quello che pensiamo. Lui ha voluto così e noi siamo responsabili abbastanza da non approfittarcene. Si fida di noi e sa che non tradiremo la sua fiducia".