Arrivano I Grizzlies

La traduzione dell’approfondimento di Bleacher Report

Photo by Michael J. LeBrecht II/NBAE via Getty Images

 

I loro migliori giocatori sono troppo giovani per bere, il loro GM una volta era stagista presso uno studio legale e il loro allenatore ha la squadra che gioca a kickball negli allenamenti. Non c’è da stupirsi che i Grizzlies siano la squadra da seguire nella NBA.

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Gorgui Dieng non sapeva bene cosa aspettarsi. Di certo non una cosa del genere.

I Memphis Grizzlies lo avevano firmato cinque giorni prima. Doveva partecipare al suo primo allenamento con la squadra. Veterano con sette anni di esperienza, Dieng era in circolazione da abbastanza tempo per sapere in cosa consistesse una tipica sessione di allenamento NBA. Guardi filmati, rivedi gli schemi, provi dei giochi. Soprattutto, ti prepari per la tua prossima partita, specialmente quando è la tua prima partita contro una delle squadre – in questo caso, i Portland Trail Blazers – che ti inseguono per provare a buttarti fuori dai playoff.

Dieng è molto sorpreso quando si ritrova in piedi su una specie di finta casa-base con il suo nuovo coach, Taylor Jenkins, a circa 10 metri da lui, con una grande palla di plastica in mano. Jenkins tira e da il via a una partita improvvisata di kickball. Dieng, pescando dal suo repertorio di ex calciatore, alza la gamba destra e colpisce la palla che va sulla parete di vetro che separa il campo dalla hall del FedEx Forum. I nuovi compagni di squadra di Dieng cantano e applaudono. Felice ma confuso, Dieng sorride e rimane al suo posto.

“Dovevano dirmi dove correre”, spiegava il giorno successivo. “Non avevo mai giocato a niente del genere prima. Non ne avevo idea.”

Poco dopo, Jenkins divide i suoi giocatori in gruppi di quattro e accoppia ciascuno con un bambino del St. Jude Children’s Research Hospital che aveva invitato all’allenamento. Le squadre hanno trascorso la mezz’ora successiva a gareggiare in una versione di “campana”. I giocatori urlavano dopo aver vinto, yeah e ohhh riempivano la stanza.

“I ragazzi hanno dato tutto ultimamente”, ha detto Jenkins ai giornalisti una volta che le porte della palestra si sono aperte. “Abbiamo pensato che potesse giovare una pausa mentale e fisica.”

 

I pomeriggi come questo non spiegano esattamente come i Grizzlies – una squadra apparentemente sull’orlo di una lunga ricostruzione che stava vendendo praticamente ogni pezzo un anno – abbiano vinto 22 delle loro ultime 32 partite e si siano trasformati negli ultimi “prediletti” della NBA. Spiegare come ci siano riusciti i Grizzlies è sia semplice che complicato.

Si può guardare a questa storia come si guarda alla “solita” squadra del futuro della lega, a come un gruppo di neofiti NBA – sul parquet, in panchina, nel front office – abbia trovato il perfetto equilibrio tra serio e faceto, tra organizzato e libero. Questa è una squadra che si diverte e si gode la vita (prima che tutto diventi più complesso), una squadra in cui ogni cosa sembra possibile e il cui futuro sembra senza limiti.

 

La svendita dei giocatori è iniziata lo scorso febbraio. Undici partite sotto il 50% alla deadline, i Grizzlies hanno spedito i veterani Garrett Temple e JaMychal Green ai Clippers e Marc Gasol, l’icona della franchigia, a Toronto. Ad aprile, Jason Wexler, presidente delle operazioni commerciali, ha assunto anche la carica di presidente delle basketball operations. Il proprietario dei Grizzlies, Robert Pera, ha poi licenziato l’head coach J.B. Bickerstaff, declassato il direttore generale di lunga data Chris Wallace e promosso Zach Kleiman, consigliere e assistente al general manager da trent’anni, a vicepresidente esecutivo delle basketball operations.

Fino a quel momento, l’esperienza di basket di Kleiman era stata limitata. Laureato alla Duke University School of Law, ha trascorso due anni come socio presso la Proskauer Rose LLP, potente studio legale di New York che rappresenta la lega su varie questioni e annovera David Stern e il padre di Adam Silver come ex soci. Si è unito ai Grizzlies nel giugno 2015 ed è stato per lo più lasciato fuori dalle decisioni sul basket durante le sue prime stagioni con la squadra – il suo contributo era generalmente limitato alle questioni relative al cap e alla CBA – ma non ci è voluto molto per impressionare Pera.

Ancor prima di arrivare a Memphis, Kleiman si era abituato a essere la persona più giovane nella stanza ed era bravo ad intuire quando essere rispettoso e quando audace. Jon Oram, un partner di Proskauer, ricorda una notte del 2012, quando Kleiman era uno dei tirocinanti estivi dell’azienda, e trascorreva parte delle sue serate ad occuparsi del cibo per i suoi capi. Una sera tornò da Shake Shack e iniziò a distribuire hamburger. Qualcuno chiese il ketchup.

“Ho dimenticato di prenderlo”, dice Kleiman.

Il gruppo, ricorda Oram, iniziò a prenderlo in giro in maniera bonaria: “Non posso credere che tu abbia rovinato tutto! Ora non possiamo assumerti a tempo pieno! Hai appena distrutto la tua carriera!” Alcune settimane dopo, a tirocinio completato e dopo aver ricevuto un’offerta per un lavoro a tempo pieno dalla società, Kleiman, che era cresciuto a stretto contatto con Oram, si fermò nel suo ufficio.

“Volevo ringraziarti per tutto”, disse. Gli consegnò quindi un regalo incartato. All’interno c’era una bottiglia da mezzo litro di ketchup Heinz.

 

Kleiman, che ha dozzine di bustine di ketchup nel suo attuale ufficio – gli avanzi di un regalo che gli è stato inviato da Oram dopo aver ricevuto la sua più recente promozione – ha portato quella verve con sé nel suo nuovo lavoro, insieme a una serie di abilità di negoziatore. Con l’aiuto dell’ex general manager degli Charlotte Hornets Rich Cho (per il quale Kleiman è stato stagista nel 2012) e dell’ex giocatore Tayshaun Prince, che si è unito ai Grizzlies come dirigente nel 2017, ha capito che la mossa migliore per il futuro dei Grizzlies sarebbe stata una tabula rasa.

E così il gruppo ha iniziato liberare spazio e ad accumulare assets. Quando i Warriors dovevano scaricare lo stipendio di Andre Iguodala in modo da poter eseguire la sign&trade Kevin Durant/D’Angelo Russell con Brooklyn, i Grizzlies si precipitarono per ottenere Iguodala (già d’accordo a non unirsi alla squadra) assieme a una prima scelta 2024 protetta top4. Successivamente hanno dato Iguodala alla deadline di quest’anno ai Miami Heat per il più giovane ed economico Justise Winslow.

Hanno racimolato altre due prime dai Jazz in cambio di Mike Conley, che sapevano essere di fortissimo interesse nello Utah, e sono saliti nel draft, dalla 23esima alla 21esima, per prendere Brandon Clarke, un rookie molto atletico (con una media di 12,3 punti e 5,7 rimbalzi in soli 21,8 minuti a partita) che si abbina perfettamente al centro tiratore Jaren Jackson Jr., la quarta scelta assoluta del 2018.

Memphis ha anche ipnotizzato in stile Jedi i Suns facendosi dare due seconde scelte e la promettente guardia al secondo anno De’Anthony Melton (15,5 punti, 7,1 rimbalzi e 5,8 assist di media sui 36 minuti) in cambio di Josh Jackson, uno dei classici bust da lottery.

A guidare il gruppo, i Grizzlies hanno messo Taylor Jenkins, un trentaquattrenne ex assistente di Mike Budenholzer. Laureato a Wharton, Jenkins si è fatto strada nella franchigia della G League degli Spurs prima di entrare in contatto con Budenholzer ad Atlanta nel 2013. Si è trasferito con lui a Milwaukee nel 2018, dove, oltre alle sue mansioni di base, è stato incaricato di scegliere e monitorare cose come “chi sedeva accanto a chi” negli spogliatoi e sui voli di squadra, una responsabilità chiave per qualsiasi squadra allenata da Budenholzer dove chimica e cultura hanno quasi lo stesso peso delle marcature nei pick’n’roll.

Jenkins, che gli amici descrivono come “super organizzato” (archivia ogni e-mail nel tentativo di mantenere la casella di posta sempre vuota), ha accettato con gioia il ruolo di head coach. Ha portato quelle stesse abilità con sé a Memphis, insieme a molti trucchi di Budenholzer (come mettere cinque scatole sul pavimento sopra la linea a tre punti per enfatizzare lo spacing in attacco) e schemi di gioco. Ma si è anche sentito a suo agio nel fare le proprie modifiche. Ad esempio, l’handler dopo il pick’n’roll prende il 18,2% delle conclusioni offensive dei Grizzlies: l’anno scorso a Milwaukee quel numero era il 12.2%.

Ma anche le ricostruzioni più avvedute richiedono un po’ di fortuna. E a metà maggio, mentre era seduto in una sala da ballo dell’Hilton di Chicago assieme ai rappresentanti di tutte le squadre NBA per la lottery del 2019, Kleiman ne ha puntualmente avuta: quattro palline da ping-pong con i numeri 5, 7, 10 e 12 incisi su di esse sono emerse per prime, spingendo una squadra che aveva terminato la stagione precedente con l’ottavo peggior record della lega fino al secondo slot del draft. Non solo i Grizzlies – che quella notte avevano una probabilità del 6,3% di arrivare alla 2 – hanno scavalcato cinque squadre, ma lo hanno fatto in un anno quando avere quella scelta significava poter scegliere un prospetto con un potenziale forse mai visto nella lega.

 

Dillon Brooks, la guardia al terzo anno nei Grizzlies, sapeva già prima del camp che Ja Morant era diverso dagli altri. E non era solo perchè durante quell’estate Morant, 190 cm per 77 kg scarsi, stava dominando, schiacciando, segnando da tutte le parti, arrivando al ferro a piacimento nonostante si stesse ancora riprendendo da una procedura artroscopica al ginocchio a cui si era sottoposto in giugno. C’era dell’altro

“Era così pieno di talento, energia ed emozione”, afferma Brooks. “Non avevo mai visto niente del genere prima d’ora.”

Jonas Valanciunas, che a 27 anni è il secondo giocatore più anziano della squadra, ricorda un pensiero che gli passava per la mente durante quei primi scrimmage: “Caspita, corrono davvero veloci. Sarà meglio che dia una mossa al mio c*lo pesante”.

Ci vogliono le stelle per muovere l’ago della bilancia nella NBA e in meno di 50 partite ufficiali in carriera, Morant (17,6 punti, 7,1 assist per partita) ha dimostrato di esserlo. È quella rara point guard che vanta sia esplosività d’élite che visione di gioco. Mentre la sua fluidità, la spettacolarità e una faccia tosta sufficiente per fare trash talking con James Harden lo hanno trasformato in una celebrità virale, la sua capacità di scavalcare ogni tipo e livello di difesa è ciò che lo separa da quasi tutti i suoi coetanei. È stato il motore del balzo dei Grizzlies dal 27esimo posto in classifica della scorsa stagione al 18esimo in questa stagione (alla pausa per l’All-Star Game).

 

“Sono le piccole da osservare in lui” dice Jackson, che è emerso come uno dei primi stretch 5 del campionato (17,1 punti segnando quasi il 40% delle 6,3 triple che tenta per partita). “A volte riesco a vedere una minima occhiata che nessun altro potrebbe notare.”

La chimica tra i due risale a luglio, quando da nuovi compagni di squadra, entrambi infortunati, iniziarono a formare un legame fuori dal campo. Mangiavano insieme, facevano pesi insieme e tiravano insieme. Si sedevano accanto durante le partite. Hanno anche scoperto di condividere un simile senso dell’umorismo. “Faremo spesso i clown”, dice Jackson. “Questo è il mio ragazzo.” Spesso si intrufolano nelle media session l’uno dell’altro con scherzi stupidi, come quella volta in cui Jackson chiese con voce acuta: “Ja Morant, posso avere il tuo autografo?”

“Sappiamo esattamente cosa possiamo fare entrambi in campo”, afferma Morant. “Quegli scherzi hanno anche loro un ruolo. Sono le piccole cose del genere che rendono grande una squadra. Se entraste nel nostro spogliatoio ci trovereste sempre a ridere e scherzare, ma sappiamo come fare sul serio”.

Che non vi sia alcuna invidia da parte di Jackson, il precedente gioiello della corona della franchigia, nei confronti di Morant è una testimonianza sia della maturità di Jackson sia della capacità di Morant di galvanizzare coloro che lo circondano. Il pubblico lo ha intravisto all’inizio di febbraio, quando Morant ha usato Twitter per amplificare le dichiarazioni di Brooks su Andre Iguodala, che secondo quanto riferito avrebbe minacciato di restare fuori per l’intera stagione se i Grizzlies non fossero riusciti a scambiarlo prima della scadenza. Ma se si chiede agli allenatori e ai compagni di squadra passati e presenti della capacità di leadership di Morant, tutti dicono che fa il suo miglior lavoro dietro le quinte.

Il suo coach del liceo, Dwayne Edwards, ricorda di essere entrato nello spogliatoio una volta con la sua squadra sotto di 12 a metà gara contro un team pieno di stelle e prospetti NCAA. Morant stava dicendo ai suoi compagni di squadra: “Non preoccupatevi, ce la faremo, vinceremo”. Edwards guardò i suoi assistenti. “Che significa ‘ce la faremo’, ci stanno uccidendo!” ha ricordato.  Morant esplose con 36 punti nel secondo tempo e portò Crestwood alla vittoria di rimonta.

Jenkins dice che ci sono delle volte in cui entra nello spogliatoio durante la pausa e trova Morant a condurre una discussione. “Capisce sempre il momento”, dice.

 

Questo periodo è una luna di miele per Memphis. Essere così vicini ai playoff (record di 28-26, all’ottavo posto nella Western Conference) va oltre ciò che si pensava possibile per questa squadra. Ma ora è il momento in cui le cose si complicano, come può testimoniare il cimitero pieno di squadre NBA etichettate prematuramente come “future dominatrici”.

Per Kleiman, il lavoro si sposta dal liberarsi dei giocatori al capire quali giocatori provare a portare in squadra.

La presa di Winslow è la sua prima grande scommessa (Morant, secondo la maggior parte dei dirigenti e degli scout dell’NBA, era la scelta più ovvia alla n° 2). Ai Grizzlies piace il fatto che Winslow abbia segnato il 41,2% delle sue triple in “catch-and-shoot” la scorsa stagione, e hanno poca preoccupazione per il suo stato di salute a lungo termine dopo aver visto i referti medici, nonostante il suo storico infortuni. Pensano anche che la sua forte difesa si adatterà perfettamente al loro nucleo composto da Morant, Jackson, Brooks (che ha una media di 15,7 punti per partita tirando col 38,5% dalla lunga e ha recentemente firmato un’estensione contrattuale di tre anni e $ 35 milioni) e Clarke (e i suoi 1,46 punti per possesso come rollante che lo hanno messo nel 96° percentile di tutto il campionato, secondo NBA.com).

Tuttavia, la lunga storia di infortuni di Winslow, l’impossibilità di fargli ricoprire la posizione di point-forward in cui eccelleva a Miami (dovuta alla presenza di Morant) e la volontà di Memphis di assorbire i contratti gonfiati di Dion Waiters e Dieng (facendo saltare il proprio cap 2020) ha fatto sollevare più di un sopracciglio in giro per la lega.

“Siamo ben consapevoli di aver sfruttato lo spazio disponibile, ci siamo ritirati dal mercato dei free agents”, ha affermato Kleiman. “Ogni opportunità ha un suo costo… Abbiamo capito che non c’era alcuna altra mossa che ci avrebbe realisticamente avvicinato alla possibilità di aggiungere un altro giocatore forte e adatto sia in campo che fuori come lo è Winslow”

Anche il lavoro di Jenkins cambierà. In questo momento, i suoi giocatori lo adorano. Adorano il modo in cui durante gli allenamenti passa dall’ accennare un balletto al soffermarsi con qualcuno durante una sessione video. “E non importa se sei un giocatore chiave o l’ultimo uomo della panchina” dice Brooks. “Ti tratterà allo stesso modo.” Ma, come può testimoniare l’head coach dei 76ers Brett Brown, le vibrazioni di una squadra possono cambiare rapidamente una volta che lo fanno anche le aspettative. Morant, nel frattempo, dovrà dimostrare che il suo telaio può assorbire gli impegni di un calendario come quello NBA e che può gestire le trappole e gli aggiustamenti che un giocatore che si trova regolarmente in cima ai rapporti di scouting degli avversari deve per forza di cose affrontare.

 

Ma questi sono tutti argomenti per il futuro.

“Ovviamente io e Zach abbiamo appena affrontato la nostra prima deadline e anche il nostro primo draft e la nostra prima free agency”, dice Jenkins. “Questi sono tutti primi passi per noi.”

In questo momento, i Grizzlies stanno provando a concentrarsi sul presente e ad apprezzare quell’elettricità magica che si accompagna a un improbabile raggiungimento dei playoff.

Il giorno dopo l’allenamento di kickball della squadra, pochi minuti prima della palla a due contro i Blazers, Morant si avvicinò all’ annunciatore dei Grizzlies con una richiesta. Avrebbe indossato una fascia per capelli in quella partita e, in omaggio al suo nuovo accessorio di gioco, voleva essere presentato come “Headband 12.” Più tardi, a metà del secondo quarto, ha mandato Clarke a schiacciare per tre volte di fila. Dopo ognuno di questi assist ha girato le mani e messo le dita a cerchio sugli occhi come per imitare degli occhiali. I fan di tutto il palazzetto, tra cui l’ex dei Grizzlies Tony Allen che spesso siede a bordo campo per le partite, hanno fatto lo stesso.

Dopo la partita – un’ impressionante vittoria 111-104, che li ha portati a 4 partite di vantaggio sui Blazers al nono posto, – a Morant è stato chiesto di quella celebrazione:

“Occhiali e fasce per capelli”, ha detto. “Sto cercando di tirare tutti dentro”.

Fonte: Bleacher Report.