54 anni fa la prima Coppa dei Campioni di Olimpia Milano

L’1 Aprile 1966 l’Olimpia battendo 77-72 lo Slavia Praga diventò Campione d’Europa per la prima volta. Ecco la storia di quell’impresa

Era il 12 marzo 1964 e il Palalido era pieno. Tutto esaurito per l’arrivo del grande Real Madrid. Il Simmenthal, che aveva vinto lo scudetto l’anno prima, aveva raggiunto la semifinale di Coppa dei Campioni. Erano tempi difficili per le squadre italiane: la Federazione, per proteggere lo sviluppo dei giocatori italiani, aveva chiuso le frontiere così Cesare Rubini andò all’assalto dell’Europa con una squadra tutta italiana. Intendiamoci, era uno squadrone: Gianfranco Pieri, Sandro Riminucci, Gabriele Vianello, Paolo Vittori, Gianfranco Sardagna e il giovane Massimo Masini erano i giocatori di riferimento. Giando Ongaro era l’enforcer dalla panchina. Erano tutti giocatori vincenti, abituati a vincere. L’anno prima avevano vinto lo scudetto senza perdere una partita. E poi erano giocatori moderni: Pieri era un playmaker di 1.90, il primo regista moderno del basket italiano; Riminucci era un realizzatore atletico, un giocatore creativo; Vianello era un altro scorer che si muoveva con eleganza, non era esplosivo ma andava dove voleva; Vittori era un’ala fisica, potente e anche lui realizzatore. Sardagna era un saltatore in alto con un personale superiore ai 2 metri. L’Olimpia riuscì a battere il Real Madrid, che di americani contando il naturalizzato Clifford Luyk, che ancora vive a Madrid, ne aveva tre. Il successo di cinque punti rappresentò un momento esaltante, ma effimero. Due settimane dopo, in Spagna, il Real Madrid dominò la partita e conquistò la finale di Coppa dei Campioni che avrebbe vinto. Ma quella semifinale convinse il Simmenthal che si poteva fare. L’anno seguente, fu l’Ignis Varese a rappresentare l’Italia in Coppa dei Campioni: venne eliminata in semifinale dal CSKA Mosca, ma fu il Real Madrid a vincere ancora il trofeo.


L’Olimpia vinse lo scudetto nel 1965 e si armò adeguatamente per le battaglie europee. La Federazione aveva riaperto le frontiere e l’Olimpia andò sul mercato con grande creatività. Il nucleo italiano non poteva più contare su Sardagna e neppure su Vittori che era passato a Varese, ma c’erano ancora Pieri, Vianello, Riminucci, Ongaro, Masini e dalla panchina anche un altro emergente, Giulio Iellini. Ma soprattutto arrivarono due americani.


L’Olimpia piazzò subito un colpo eccezionale assicurandosi Duane "Skip" Thoren, dall’università dell’Illinois, 2.08 di statura, un centro che fu scelto al numero 30 dei draft (secondo quintetto ideale della stagione) e nel 2004 è stato incluso nella squadra ideale del secolo a Illinois. Thoren veniva da Chicago e nel 1964/65 ebbe 22.2 punti e 14.5 rimbalzi di media, ma soprattutto fu il grande protagonista di un’inattesa vittoria dei Fighting Illini sulla grande UCLA di John Wooden. I Baltimore Bullets della NBA gli offrirono 6.500 dollari per andare al camp, senza garanzie. Rifiutò per accettare la proposta dell’Olimpia. Era un 2.08 di qualità, rimbalzista e realizzatore, ideale per una squadra con un nucleo italiano fortissimo. Ma il Simmenthal non si fermò qui: andò sul mercato anche per prendere il cosiddetto americano di coppa, inutilizzabile in campionato, ma schierabile nelle competizioni internazionali.



Eliminato il Real Madrid, la Coppa dei Campioni, da assegnarsi a Bologna, diventò un obiettivo concreto. L’Olimpia giocò la semifinale contro il CSKA Mosca (Bradley ne fece altri 20) e conquistò la finale dell’1 aprile 1966 a Piazza Azzarita, nel tempio del basket bolognese contro lo Slavia Praga. Il basket ceko a quell’epoca – e sarebbe stato così fino a metà degli anni ’80 – era un basket importante anche e soprattutto a livello di nazionali. Lo Slavia era fortissimo con Zednicek e Jiri Zidek. Ma l’Olimpia sentiva di aver scollinato, di aver risolto molti problemi già contro il Real Madrid nei quarti e di certo temeva più il CSKA in semifinale (anche se lo Slavia nel girone eliminatorio aveva battuto il Simmenthal a Praga e anche nettamente). Skip Thoren e Vianello segnarono 21 punti a testa in finale, Bradley ne aggiunse 14 e per la prima volta nella storia una squadra italiana si issò sul tetto d’Europa. "Ho giocato 13 anni al Simmenthal e ho vinto nove scudetti – racconta Pieri – ma quello fu il momento più alto della mia carriera, della nostra storia. Eravamo un gruppo vero, stavamo bene assieme ed eravamo amici. Questo ci dava una marcia in più. Quella sera festeggiammo per le strade di Bologna bevendo champagne direttamente dalla coppa. Nessuna squadra italiana aveva mai fatto nulla di simile", ha detto il Capitano, Pieri. Quella Coppa dei Campioni compie oggi 54 anni.


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